L’acqua ossigenata può essere un buon alleato nella profilassi contro il coronavirus. Lo sostiene una «letter to the editor», cioè un breve intervento scientifico che stimola la ricerca fornendo nuovi spunti o soluzioni su cui indagare o commenta, criticandole o arricchendole, precedenti indagini, firmata da un team di ricercatori napoletani e pubblicata sulla rivista Infection control & hospital epidemiology edita da Cambridge University Press. La lettera, già diffusa ad aprile e tornata ora a rimbalzare sui media, ipotizza che il perossido d’idrogeno, cioè la comune acqua ossigenata che usiamo per disinfettare piccole ferite, possa essere sfruttata come antisettico del cavo orale e possa avere una certa efficacia in termini di aggressione del virus mentre si trova ancora nel muco delle cellule epiteliali.
Quali sono le formule proposte dall’équipe napoletana? Quella degli sciacqui regolari della mucosa con concentrazione al 3% di perossido d’idrogeno per tre volte al giorno, quella attraverso nebulizzazione nelle cavità nasali con concentrazione all’1,5% e infine l’utilizzo dello iodopovidone, uno dei disinfettanti a base di iodio più utilizzato al mondo, allo 0,5/0,6% istillato come collirio (una goccia tre volte al giorno su entrambi gli occhi).
«L’efficacia del perossido di idrogeno – si legge nella lettera pubblicata già ad aprile – è da ricondursi non solo alle sue ben documentate proprietà ossidanti e di rimozione meccanica, ma anche all’induzione della risposta immunitaria innata antivirale mediante sovraespressione del TLR3 (Toll Like 3), riducendo pertanto complessivamente la progressione dell’infezione dalle alte alle basse vie respiratorie». Per garantirne l’efficacia occorrono ovviamente, precisano gli esperti, «trial clinici su un ampio numero di soggetti mediante una significativa negativizzazione dei tamponi in pazienti positivi al Covid-19 senza e con sintomatologia lieve/moderata, immediatamente dopo la diagnosi conclamata di infezione da Covid-19 e conseguente riduzione del numero di richieste di ospedalizzazione». Il perossido di idrogeno è sicuro per l’uso sulle membrane e sulle mucose attraverso sciacqui o spray basale: è già utilizzato comunemente in otorinolaringoiatria. Insomma, basterebbe condurre test clinici secondo gli standard più rigorosi.
Il risultato potrebbe essere quello di avere a disposizione un’ulteriore misura anticontagio che andrebbe a sommarsi a quelle che tutti dobbiamo seguire come l’igienizzazione delle mani e l’uso della mascherina. Ovviamente, non è affatto un suggerimento a utilizzare fin d’ora quella che possiamo avere in casa, ma un invito alla comunità scientifica per approfondirne l’uso a determinate concentrazioni. Alla lettera hanno lavorato oltre ad Antonio Del Prete, docente di oftalmologia della Federico II di Napoli, anche Arturo Armone Caruso, direttore sanitario dell’Aias di Afragola e responsabile dell’Uo di diagnostica Orl e citologia nasale; Antonio Ivan Lazzarino, ricercatore dell’Agency of clinical research and medical statistics di Londra; Lucia Grumetto, docente del dipartimento di farmacia della Federico II e il medico Roberto Capaldi.