Un’applicazione che si prende cura di noi. Sugli store digitali di Apple e Android, cioè App Store e Google Play Store, è ufficialmente arrivata Immuni. Si tratta della piattaforma che ci notifica se siamo stati esposti a un possibile contagio, cioè se in una qualsiasi delle nostre tante attività quotidiane abbiamo incrociato un utente risultato in seguito positivo al coronavirus. In questo modo possiamo isolarci per precauzione e informare il medico di base, che in accordo con le autorità sanitarie locali richiederà il tampone e ci indirizzerà verso la terapia più adeguata. Oltre che seguire le indicazioni fornite dalla stessa app.
All’apertura, Immuni spiega con delle belle illustrazioni (disponibili sul sito ufficiale) e delle note molto chiare il suo funzionamento di base: l’app, che lavora grazie al Bluetooth Low Energy, associa un codice alfanumerico casuale al nostro dispositivo e lo aggiorna dopo un certo numero di ore. Nessuno sa chi c’è dietro quella stringa e le uniche informazioni richieste all’avvio sono regione e provincia di residenza. Man mano che incrociamo le persone – al supermercato, per strada, in un locale, in vacanza sulla spiaggia, ovunque – gli smartphone si scambiano questi codici temporanei e li memorizzano sui dispositivi. Fanno amicizia, insomma. Ma sempre all’oscuro di ogni identità.
Tutto questo a patto che sui telefoni sia stato installato Immuni, che il Bluetooth sia attivato e la funzionalità abilitata. Quando una persona risulta positiva può, se vuole, caricare le sue chiavi crittografiche da cui ricavare i codici degli utenti in cui si è imbattuto in modo sicuro e crittografato su un server: gli smartphone che usano Immuni si collegano quotidianamente a quel server gestito da Sogei, un’azienda di Stato, e possono così confrontare il proprio archivio con i codici ricavati dalle chiavi scaricate. Se scovano l’associazione e quell’associazione è ritenuta a rischio per il tempo o la prossimità fra i due telefoni, scatta una notifica. Fine. L’app non usa la geolocalizzazione Gps, non sa nulla di noi (nome, cognome data di nascita, indirizzo, numero di telefono o email, niente), non può risalire alla nostra identità o a quella degli altri e non accede ad altre funzionalità dello smartphone se non appunto alla connettività Bluetooth.
Il ministero della Salute, che ha ottenuto il via libera dal Garante per la privacy, riceve solo le seguenti informazioni: provincia di domicilio, funzionamento corretto dell’app ed eventuale avvertimento di un contatto a rischio. Fra l’altro, quando si parla di contatto a rischio non significa affatto contagio sicuro. Anche il Garante ha voluto che questo fosse ben chiaro agli utenti. In ogni caso tutti i dati saranno eliminati appena non saranno più necessari e comunque non oltre il prossimo 31 dicembre. Per usare l’app occorre avere almeno 14 anni (e fino a 18 col permesso di un genitore) e accettare l’informativa per la privacy.
Una volta scelte la regione e la provincia bisogna fare l’unica cosa per cui Bending Spoons, la società milanese che ha sviluppato gratuitamente l’app per conto del governo sotto il coordinamento del ministero dell’Innovazione tecnologica guidato da Paola Pisano ha progettato l’app sulla base delle indicazioni di Apple e Google: abilitare le notifiche di esposizione al Covid-19. Si aprirà a quel punto un ulteriore avviso con cui dovremo confermare la scelta. Il passaggio successivo chiederà il permesso di inviare le notifiche e infine ci ricorderà di proteggere il dispositivo con un codice di sblocco. Da quel momento cominceremo a trasmettere i nostri codici e a memorizzare quelli dei telefoni delle persone in cui eventualmente ci imbattiamo.
Un ulteriore avviso mette in guardia gli utenti su tranelli, phishing e rischi di altro tipo come se ne sono visti molti specialmente in queste ore: nessuno invierà mai sms, email, avvisi né telefonerà per questioni riguardanti l’app o per spingerci a scaricarla. Tutto avviene solamente attraverso il programmino. A proposito: l’app si può scaricare solo dagli store e per saperne di più si può visitare il sito ufficiale, anch’esso appena lanciato: immuni.italia.it.
Alla fine la configurazione viene completata e la schermata principale ci avvisa che il servizio è attivo. Tutto resta in funzione – e questo è stato uno degli aspetti più delicati – anche quando facciamo altro, come si dice rimane in background. Non mancano delle sezioni con i consigli utili su come proteggersi e, di nuovo, le indicazioni sul funzionamento dell’app. Le cui raccomandazioni dipenderanno dalla durata della propria esposizione a utenti potenzialmente contagiosi e dalla distanza fra lo smartphone e quello di questi utenti.
Spulciando invece fra le impostazioni, si scopre il passaggio interessante. Quello sul caricamento dei dati qualora si desiderasse notificare a tutti quelli con cui siamo entrati in contatto la propria positività: è una procedura per cui occorre l’assistenza di un operatore sanitario autorizzato al quale dovremo comunicare un codice e attendere un’autorizzazione dopo la quale procedere all’invio. C’è poi la sezione delle domande frequenti, in cui si insiste particolarmente sulla privacy e sui dettagli dell’applicazione e sulle ragioni per cui Immuni è importante, ricordando ovviamente che più persone useranno l’app, più questa potrà avere una sua efficacia nel rallentamento dell’epidemia. Ma quand’anche fossero in pochi a usarla, in combinazione con le molte altre misure potrà dare un suo contributo.
Per usare Immuni, che è gratuita e del tutto volontaria (sia nel download che nell’uso e nell’avvio dell’iter di notifica) – oltre che disponibile in italiano, inglese, tedesco, francese e spagnolo – occorre aver installato l’ultima versione di iOS (13.5) e almeno la versione 6 (Marshmallow) o superiore di Android. Per questi smartphone è anche richiesta una versione di Google Play Services pari o superiore alla 20.18.13. Va bene anche impostare il telefono in modalità aereo, basta mantenere attivo il Bluetooth.
Da lunedì prossimo, 8 giugno, Immuni – frutto della collaborazione tra presidenza del Consiglio, ministeri della Salute, e per l’Innovazione tecnologica, regioni, Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 e le società pubbliche Sogei e PagoPa – sarà pienamente operativa in quattro regioni che apriranno la strada: Abruzzo, Liguria, Marche e Puglia. A stretto giro dovrebbe essere lanciata ovunque. In questo momento, dunque, anche se formalmente operativa, di fatto non gode dell’integrazione con i sistemi sanitari locali, che arriverà appunto verosimilmente entro la metà del mese, dopo una settimana di rodaggio.