«Serve una provincia unita contro l’emergenza casa».
Il presidente di Confartigianato Imprese Padova, Gianluca Dall’Aglio, allarga il campo sulla questione alloggi, che risulta ogni giorno più esplosiva.
«L’emergenza abitativa non è solo un problema del capoluogo, ma di tutta la provincia di Padova – spiega – È necessario un approccio integrato che combini sviluppo urbano, riqualificazione edilizia e sostegno alle famiglie più vulnerabili e la città non può reggere da sola questa pressione. Non si può prescindere da una visione che coinvolga tutta la provincia in un’ottica sostenibile».
Dall’Aglio entra nel dibattito sulla crisi abitativa ragionando sui dati della ricerca “L’evoluzione della domanda abitativa veneta”, realizzata da Nomisma per Confartigianato Imprese Padova.
L’indagine fornisce infatti diversi spunti sui quali costruire una riflessione che comprenda l’intero territorio padovano e non solo la città del Santo.
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«Negli ultimi dieci anni, il numero di famiglie nella provincia di Padova è aumentato del +5%», continua il presidente degli artigiani. «Si tratta dell’aumento più significativo registrato tra tutte le provincie venete. È un dato fondamentale se si vuole ragionare sui bisogni delle persone. Tanto più se guardiamo la situazione economica della nostra provincia, che mostra significative difficoltà».
Dall’Aglio si riferisce ad alcuni dati del rapporto realizzato da Nomisma: oltre il 65% dei contribuenti dichiara redditi inferiori a 26 mila euro annui, mentre il 21, 6% non supera i 10 mila euro.
Inoltre, l’11, 5% della popolazione ha più di 65 anni. L’indice di vecchiaia in provincia di Padova è passato dal 146, registrato nel 2013, al 194 registrato nel 2023. Potrebbe raggiungere nel 2033 quota 286.
«Questi dati», sottolinea Dall’Aglio, «evidenziano una crescente esigenza di abitazioni adeguate per la terza età e di soluzioni abitative flessibili per le nuove famiglie».
Il patrimonio abitativo in provincia di Padova mostra una significativa quota di abitazioni non occupate, una situazione analoga a quella della città: l’86% di abitazioni risulta occupato, il 14% non occupato.
Se si analizza invece il “titolo di godimento”, ovvero proprietari e affittuari, la situazione cambia: a Padova il 75% delle case sono di proprietà, il 18% in affitto e il 7% ad altro titolo.
In provincia, la quota di abitazioni di proprietà aumenta del 6%, arrivando ad un 81%, scende invece la percentuale delle case in affitto (14%) e ad altro titolo (5%).
Prosegue Dall’Aglio: «Serve una politica che incentivi la riqualificazione delle abitazioni non occupate, soprattutto nelle aree periferiche. Dobbiamo offrire opportunità alle giovani coppie e garantire un’abitazione dignitosa agli anziani, promuovendo modelli di social housing e senior housing. Oggi, la diffusione dello smartworking permette di fare ragionamenti diversi, amplia di fatto le possibilità perché si può vivere e lavorare anche in piccoli borghi e non solo nei grandi centri abitati».
Conclude Dall’Agllio: «Gestendo in maniera stabile i bonus edilizi, gli incentivi fiscali legati ai bonus, insomma con una politica che premi chi ristruttura e riqualifica energeticamente la propria abitazione, anche in previsione dell’attuazione della Direttiva Case Green. La fine di una stagione di grande incentivazione, oltre a creare ancora più incertezza abitativa, mette in crisi un intero settore che è motore di economia e di crescita per l’intero territorio».
Ancora: «È cruciale che parte dei fondi del Pnrr sia destinata al miglioramento della mobilità e delle infrastrutture provinciali, per favorire l’integrazione delle aree meno servite e renderle appetibili per nuovi residenti. In ballo c’è il futuro delle persone e dell’ambiente. Il momento di agire è questo, unendo amministrazioni locali, istituzioni e privati in un progetto condiviso e sostenibile».
Questa la ricetta secondo Confartigianato per far fronte a un problema, quello della casa, che sta diventando emergenza.
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Il presidente di Confindustria Enrico Carraro non ha dubbi che l’emergenza abitativa sia un problema per il Paese, per i lavoratori, per le famiglie e per le categorie più vulnerabili. E che per questo debba essere ai vertici dell’agenda politica, nazionale ed europea. Ma più di ogni altra cosa, il presidente Carraro non ha dubbi sul fatto che la questione abitativa possa essere un’opportunità di rigenerazione delle periferie cittadine. A cominciare da province come Padova.
Presidente, cosa pensa delle case introvabili?
«Che è un problema doloroso per il paese, che pesa sulle spalle dei lavoratori, dei cittadini più deboli – anziani, studenti, immigrati, famiglie meno abbienti – e delle stesse imprese. Se penso ai soldi buttati via con il Superbonus, senza che si sia fatto nulla, c’è da mettersi le mani nei capelli. Bisogna pensare ad un piano di edilizia rivolto alle fasce più deboli, non è possibile che l’ultimo piano casa risalga agli anni Sessanta – Fanfani ministro del Lavoro – e che negli ultimi anni si sia fatto poco o nulla per l’edilizia pubblica».
La politica dovrebbe fare di più?
«Ai primi posti dell’agenda politica del governo dovrebbero esserci case dignitose per le famiglie, la volontà di raffreddare i prezzi della locazione e di affrontare con coraggio una rivisitazione urbanistica delle nostre periferie, nate un po’ a caso. Dunque serve l’intervento del pubblico e non parlo solo dell’Italia».
E di chi?
«Quello della casa è un problema europeo».
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che l’edilizia abitativa sarà una priorità per l’Unione Europea e ha nominato un commissario dedicato all’edilizia abitativa (il danese Dan Jørgensen) con il compito di sviluppare un Piano europeo per gli alloggi sostenibili a prezzi accessibili. È la strada giusta?
«È un buon inizio. I dati ci dicono che i prezzi delle case nell’UE sono aumentati in media del 48% tra il 2015 e il 2023. Anche gli affitti sono diventati più onerosi: tra il 2010 e il 2022, sono aumentati in media del 18%».
Cosa non ha funzionato?
«Che di residenzialità pubblica non si è parlato da decenni, malgrado ci fosse sempre meno disponibilità di case e poca propensione dei proprietari a dare in affitto. Se gli alloggi sono pochi e la richiesta è tanta, per prima cosa i prezzi si alzano. I pochi disposti ad affittare si trovano poi con il rischio di inquilini morosi da dover gestire e questo non va bene».
E chi ne paga le conseguenze?
«Da imprenditore le dico cosa vedo tutti i giorni: come imprese abbiamo il problema della mobilità: lavoratori che devono trasferirsi, e questo accade a tutti i livelli, dal cameriere stagionale al manager che viene dall’estero e non trova casa per la famiglia. Poi gli immigrati: molti lavorano per le nostre aziende, ma vivono in situazioni precarie. Niente di tutto questo va bene. Abbiamo bisogno di serenità, ambienti confortevoli e possibilmente vicini al luogo di lavoro. Invece non trovare casa è la regola, perfino quando non è questione di prezzo: non ci sono case. A Padova trovare un alloggio in affitto è difficilissimo».
Ci si mette anche il business turistico?
«Che fa andare fuori controllo i prezzi. Sono tutti argomenti che sappiamo».
Lei pensa che la casa sarà sempre di più importante per il welfare del futuro?
«Ne sono sicuro. Noi di Confindustria ce ne siamo accorti da un pezzo. Per alcune classi di lavoratori abbiamo chiesto una detassazione perché oggi, un lavoratore con uno stipendio medio, in Veneto non può permettersi l’affitto. Tanti datori di lavoro danno agevolazioni, si mettono a cercare l’appartamento per i collaboratori, magari garantendo per loro e dando le mensilità in anticipo. Ma sono tutti tamponamenti, non sono sostegni strutturali. Lontani i tempi in cui in Veneto – penso all’Alta Padovana – un operaio o un contadino si compravano la loro casetta. Oggi acquistare è impossibile e allora si finisce in affitto, con il rischio di non trovare o di trovare a prezzi insostenibili. Il Pnrr poteva essere uno strumento ad hoc, ma in ambito residenziale ha fatto molto poco».
Il Veneto però è anche la regione dell’eccessivo consumo di suolo. Come si fa?
«E chi parla di consumo di suolo. Bisogna pensare a rigenerare. Il Veneto nel dopoguerra ha avuto una crescita economica impetuosa, che – a fronte di centri storici bellissimi – ha portato a periferie cresciute a caso. Una vera rigenerazione sarebbe una scelta ambientale, urbana e consentirebbe di avere nuove abitazioni».
Industriali che costruiscono?
«Potrebbe essere una strada percorribile per raffreddare l’emergenza, non certo la norma. Non è una novità che alcuni imprenditori acquistino immobili da affittare ai propri dipendenti, ma questa è una partita che deve guidare il governo».