Violentarono una ragazza e uno di loro filmò gli abusi. Nessuna assoluzione in appello per i cinque calciatori che giocavano nella Virtus Verona ed erano stati condannati in primo grado a sei anni di reclusione. Per i fatti del 2020, la Corte d’appello di Venezia ha confermato i sei anni per Edoardo Merci e Santiago Visentin, difensore argentino che è stato anche una meteora nel 2017 al Pordenone (non collezionò neppure una presenza), mentre la pena è stata ridotta a tre anni e quattro mesi per Stefano Casarotto e Gianni Manfrin.
Entrambi avevano chiesto e ottenuto l’accesso alla giustizia riparativa, come Merci e Daniel Onescu, che ha scelto il concordato in appello ed è stato condannato a un anno e dieci mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena. Lo scopo della giustizia riparativa è quello di «risanare il legame tra vittime, colpevoli e comunità, dopo che quel legame è venuto a mancare con il compimento del reato».
Dei cinque, la sua era la posizione tra virgolette più leggera, perché non aveva partecipato direttamente alle violenze, ma le aveva riprese con il telefonino. Colpevolezza sì, ma con responsabilità diverse. Gli imputati erano tutti presenti in aula, accompagnati dai rispettivi difensori, e avevano chiesto una sostanziale riforma della sentenza pronunciata dal gup del tribunale di Verona, alla fine del rito abbreviato. Erano tutti compagni di squadra e Manfrin gioca ancora con la squadra scaligera. La sua presenza in squadra spinge i tifosi rossoblù più caldi a lasciare completamente vuoto il settore ospiti in occasione delle partite fuori casa.
La sentenza è stata impugnata e, tranne che per Merci e Visentin, pure riformata. Anche se non nella sostanza, perché tutti rimangono, a vario titolo, colpevoli del reato contestato. Non rimane che il ricorso in Cassazione.