BRESSANA BOTTARONE. Una condanna a 16 anni di carcere per omicidio volontario, due patteggiamenti e un processo ancora da fare. Si è conclusa così ieri l’udienza preliminare sul delitto di Enore Saccò, il pensionato di 75 anni i cui resti furono trovati carbonizzati, il 16 febbraio, nella sua abitazione in via Gramsci a Bressana. A distanza di dieci mesi è arrivato già il verdetto per tre imputati: il giudice Pietro Balduzzi ha disposto provvisionali di 100mila euro a testa per le due figlie della vittima e condannato a 16 anni, con rito abbreviato, il barista di Bressana, Omar Cosi, 35 anni, l’unico accusato di omicidio volontario per avere esploso un colpo di pistola tipo “Luger” durante una discussione nell’alloggio della vittima per motivi legati al pagamento dell’affitto dei locali del bar in centro a Bressana, di proprietà della vittima.
Saccò aveva minacciato lo sfratto dai locali e Cosi, la sera del 12 febbraio, era andato a chiarire la questione a casa della vittima, in via Gramsci. Cosi, difeso dagli avvocati Barbara Citterio e Fabrizio Mossetti, ha potuto fare l’abbreviato e ottenere uno sconto di pena perché la magistrata Giuliana Rizza non aveva contestato aggravanti. Rimane in carcere.
L’incendio per occultare il cadavere
Ha invece patteggiato una pena di 3 anni, per le accuse di incendio doloso e occultamento di cadavere, Souhail Nakbi, 25 anni, sempre di Bressana (avvocato Gianfranco Ercolani): per la procura aveva comprato la benzina utilizzata per dare fuoco alla casa. Per le stesse accuse è stato invece rinviato a giudizio Davide Del Bò, 40 anni, di Bressana (avvocato Rosario Tripodi) che per la procura avrebbe avuto un ruolo nel delitto guidando il furgone della vittima sull’argine del Coppa, dove era stato ritrovato abbandonato. Affronterà il processo perché il suo avvocato confida di riuscire a dimostrare la sua estraneità ai fatti. Infine, ha patteggiato un anno e 10 mesi, ma per l’accusa di favoreggiamento, Antonio Berdicchia, 29 anni, di Bressana (avvocata Manuela Albini): per la procura aveva nascosto nella sua auto i vestiti che Cosi indossava al momento dell’omicidio, poi portati a casa di altre due persone e lavati, e avrebbe anche dato fuoco ai documenti della vittima, i cui resti erano stati trovati in un locale sotterraneo, due giorni dopo l’incendio. La pena per Nakbi è stata convertita in lavori di pubblica utilità. Il giudice ha escluso per la sua posizione la costituzione di parte civile dei familiari della vittima.
Ucciso con la pistola
Il verdetto per Cosi conferma la modalità dell’omicidio: il barista aveva all’inizio parlato di un pugno sferrato durante una lite, ma poi aveva ammesso di avere usato una pistola. Nella direzione di un delitto commesso con un colpo d’arma da fuoco andavano, comunque, già gli indizi raccolti durante le indagini: il ritrovamento di un’ogiva vicino al corpo dell’uomo e l’esito dell’autopsia, da cui erano emerse fratture craniche compatibili con il foro di entrata di un proiettile. Ricostruzione confermata anche dagli accertamenti dei Ris, che hanno esaminato la pistola. Cosi, sentito due volte, aveva spiegato di essere andato a casa di Saccò per chiarire una faccenda di natura economica, legata al mancato versamento di alcune mensilità dei locali del bar in piazza, di proprietà della vittima. La sera del 12 febbraio il gestore era andato a casa del pensionato, dove c’era stata una discussione, culminata nell’omicidio. —