“Salvini, prrr”!
Per una volta la sonora pernacchia che ne “I Vitelloni” Alberto Sordi indirizzava ai lavoratori si ribalta di destinatario e arriva dritta dritta in faccia a un nemico di lavoratori e lavoratrici, il Vice-Presidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Come una pernacchia, infatti, dev’essere arrivato alle sue orecchie il pronunciamento 13467/2024 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Tar) che stabilisce che anche i lavoratori dei trasporti venerdì 13 dicembre potranno scioperare per tutte le 24 ore previste dallo sciopero generale convocato da Usb (Unione Sindacale di Base), contrariamente a quanto desiderato dal leader della Lega.
Salvini aveva infatti precettato (vietato) lo sciopero per tutta la giornata e imposto, d’imperio, con l’ordinanza 200T del 10 dicembre, sole 4 ore (dalle 9 alle 13) per i lavoratori “nei settori del trasporto ferroviario, del trasporto pubblico locale, del trasporto marittimo e del servizio taxi”. Il pronunciamento del Tar accoglie il ricorso di Usb contro la precettazione, “sospende l’efficacia della gravata ordinanza” e così facendo asfalta Salvini.
Il Tar spiega la sua decisione: il potere di precettazione, infatti, può essere esercitato “su segnalazione della Commissione di garanzia” per lo sciopero. Dov’è in questo caso questa segnalazione? Non c’è. “Segnalazione nella specie assente”, mette nero su bianco il Tribunale.
Il Ministro può in realtà agire anche di propria iniziativa, ma solo “nei casi di necessità e urgenza” laddove si presenti un “pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati conseguente all’esercizio dello sciopero”. C’è questo rischio? Il Tar dice di no. Quindi non c’è alcuna ragione fondata per la precettazione.
E le ragioni addotte da Salvini? La necessità di salvaguardare lo shopping natalizio e di evitare che il Paese si fermi e soffra disagi a causa della mobilitazione dei lavoratori? “I richiamati disagi discendenti dallo sciopero appaiono riconducibili all’effetto fisiologico proprio di tale forma di astensione dal lavoro”, scrive il Tar.
Insomma, la sentenza del Tar demolisce la precettazione di Salvini. Per una volta, a ridere, siamo noi.
Salvini, però, non si fermerà. E con lui la maggioranza dell’ultradestra di governo. L’attacco al diritto allo sciopero, infatti, non è solo il tentativo di Salvini di risalire nei sondaggi, di guadagnare consenso sulla scia della criminalizzazione dei lavoratori che da anni pratica il potere mediatico in questo Paese (“perché scioperano sempre di venerdì?”, “Perché non hanno scioperato prima/dopo (cioè mai)?”).
Salvini pare avere in testa l’ulteriore riscrittura della già restrittiva normativa sul diritto allo sciopero. In Parlamento, esponenti dell’ultradestra hanno depositato progetti di legge che trasformano in reato la solidarietà agli scioperanti ai cancelli di un posto di lavoro.
Perché questo accanimento? Dietro la scusa di voler tutelare i cittadini c’è il potere politico che agisce come braccio di un potere economico insofferente al conflitto che si dà in alcuni settori economici – vedi logistica, come dichiarato candidamente dal Ministro Piantedosi in un question time in Paralmento – e quello che potrebbe darsi in futuro.
Perché Meloni e Salvini, che dai banchi dell’opposizione sbraitavano contro l’austerità, si sono trasformati in una versione 2.0 di Fornero e Monti. Ogni anno l’Italia dovrà tagliare circa 12 miliardi di euro di spese in ossequio al nuovo Patto di Stabilità europeo. Significa incidere sulla carne viva del Paese. Non è “sfortuna” che i salari non crescano, che sanità e istruzione soffrano. È una deliberata scelta politica. A maggior ragione se i sacrifici richiesti non sono per tutti, ma sempre per gli stessi.
Di fronte a questo quadro e a un malcontento crescente, il potere politico sa bene che non è detto che la rassegnazione prevalga per sempre sulla possibilità di riscatto.
Attaccando il diritto allo sciopero e, in generale, le possibilità di conflitto da parte di lavoratori e lavoratrici, applicano una mossa preventiva. Per tutelare il loro vero blocco sociale: quelle banche, assicurazioni, grandi imprese della logistica, dell’energia, della farmaceutica, cui mai vengono chiesti sacrifici e il blocco di evasori fiscali cui continuano a regalare soldi, prendendoli dalle tasche di chi le tasse le paga fino all’ultimo centesimo, lavoratori dipendenti in primis.
C’è tutto questo dietro la crociata di Salvini contro il diritto allo sciopero e dobbiamo esserne consapevoli, perché sarà una battaglia di lungo periodo.
Intanto, però, venerdì 13 possiamo sorridere. Partecipare allo sciopero e alle manifestazioni di Roma e Milano per una bella risata collettiva in faccia a Salvini. E, si sa, ridere ha una bella funzione terapeutica!
L'articolo Il Tar asfalta Salvini sulla precettazione dello sciopero. Ma non bisogna abbassare la guardia proviene da Il Fatto Quotidiano.