Nonostante tutto, grazie Belluno. L’esperienza ai piedi delle Dolomiti non è andata come auspicavano Enrico Zappoli e la società. Niente di strano, perché lo sport non è mai matematica e il proverbiale 1+1 non sempre dà come risultato 2.
Lo schiacciatore 29enne di Porto Alegre poteva essere il giocatore in grado di far compiere il salto di qualità ai rinoceronti, forte di un curriculum notevole. Invece le cose sono andate diversamente e il difficile avvio di campionato non ha aiutato. Così Zappoli è sceso in campo da titolare contro Sarroch, poi è rimasto in panchina domenica con San Giustino complice la decisione già presa di congedarsi reciprocamente. Ora su di lui sembra sia forte la Domotek Reggio Calabria, terza nel girone “Blu”.
Enrico, verrebbe da dire… peccato.
«È stata una decisione presa in modo veloce, anche perché ne abbiamo di fatto parlato giovedì la prima volta. La società non era contenta del mio rendimento e io stesso stavo maturando la consapevolezza di non riuscire a esprimermi al massimo del potenziale. Di conseguenza mi sono convinto fosse la scelta giusta, al di là magari del desiderio iniziale di riscattarmi qui».
In che rapporti vi lasciate?
«Ottimi e non sto scherzando. Ci siamo accordati subito e sia il presidente Sandro Da Rold sia il vice Stefano Da Rold hanno agevolato il trovare la soluzione ideale per entrambi».
Quali sono state le complicazioni?
«Intanto sottolineo che nel poco tempo a disposizione, il nuovo coach Marco Marzolla mi stava piacendo. Ci ha indicato la strada per risalire, dopo un periodo difficile. È difficile da dire: so solo che il mio rimpianto è non aver dato il contributo che ero solito portare alle compagini in cui giocavo».
Che Belluno lasci?
«Una formazione in ripartenza. Certo, un cambio di guida tecnica dà sempre una scossa immediata. Credo tuttavia l’energia positiva ci stesse aiutando per ritrovare il nostro equilibrio e sono convinto ai ragazzi non manchi nulla per rialzarsi».
Con De Cecco pare il problema fosse più legato alla tipologia di rapporto instaurato tra lui e voi.
«Ognuno ha il suo modo di fare e al tempo stesso i giocatori sono diversi. C’è chi non ha necessità di tante parole e lavora quasi in modo “meccanico”. Altri invece devono sentirsi coinvolti attivamente. Noi avevamo maggiormente bisogno di questo secondo aspetto e infatti fin da subito Marzola ha parlato con ognuno di noi e i risultati lo dimostrano».
Contro Ancona sul 25-25 del quarto set c’è stato quel tuo grottesco errore in battuta. Qualcuno ha pensato a un qualcosa di voluto…
«No, nel modo più assoluto. Al contrario, ancora oggi non so darmi una spiegazione. A volte in battuta lanci male, però riesci comunque a rimediare, invece in quella circostanza si è spenta la luce. Nella mia carriera mai era capito qualcosa di simile e non so se ha inciso il mio provenire da due giorni complicati a causa di un virus intestinale. Lo ribadisco comunque: non ho sbagliato apposta».
Cosa ti rimarrà di Belluno?
«La passione di un ambiente che tiene alla pallavolo e nel quale la gente ti conosce, complimentandosi quando vinci e dispiacendosi quanto perdi. Sono stato bene e chissà, magari nei playoff ci ritroveremo…».