Dolore, rabbia, proteste, tensioni crescenti, manifestanti che accusano le autorità al potere di aver favorito una «corruzione che uccide». Ma alla fine arriva una possibile svolta, giudiziaria, che forse potrebbe placare un po’ gli animi. Svolta-choc registrata ieri in Serbia, dove la Procura di Novi Sad ha annunciato l’arresto di dodici persone – e sulla lista c’è anche un ex ministro, che si sarebbe consegnato volontariamente - che avrebbero avuto un qualche ruolo o responsabilità nella tragedia avvenuta lo scorso primo novembre alla stazione ferroviaria del capoluogo della Vojvodina. Alla stazione, ricordiamo, 15 persone sono rimaste uccise nel crollo improvviso della tettoia di cemento esterna dell’edificio, da poco riaperto dopo una lunga e controversa ristrutturazione; due i feriti ancora gravissimi.
La Procura si è finalmente mossa contro persone sospettate, tra le altre cose, di «gravi crimini contro la sicurezza pubblica», oltre che per «l’esecuzione impropria di lavori di costruzione», ha detto la magistratura serba. La decisione di far scattare le manette, ha aggiunto la Procura, è stata presa dopo aver terminato una «analisi dettagliata di tutti i documenti necessari», dopo gli interrogatori «di un gran numero di persone e un primo rapporto mirato a determinare le cause e le circostanze del crollo», hanno detto i procuratori della seconda città serba, che hanno fornito solo le iniziali delle persone arrestate.
Ma le voci, anche in Serbia, circolano rapidamente. Si è così infatti saputo presto che tra i dodici nel mirino della Procura c’erano personaggi eccellenti e potenti. Fra questi, Goran Vesić, dimessosi per «ragioni morali» dopo la tragedia dalla carica di ministro delle Costruzioni, dei Trasporti e delle Infrastrutture e già vicesindaco di Belgrado, fino al 4 novembre uno degli uomini più in vista nell’establishment del Paese balcanico. Vesić tuttavia non sarebbe stato fermato, ma si sarebbe volontariamente «reso disponibile» alla polizia, ha tenuto lui stesso a precisare via Facebook, aggiungendo di voler aiutare a chiarire «tutti gli elementi e le circostanze di tale incidente». «Dimostrerò che non ho alcuna responsabilità penale per il tragico evento e informerò l’opinione pubblica e i media sugli sviluppi», ha poi promesso.
Fra i fermati altri nomi eccellenti, ha raccontato la Tv pubblica di Belgrado. Tra questi una delle ex più strette collaboratrici di Vesić, Anita Dimoski, assistente per il trasporto ferroviario e intermodale; e la già ministra dell’Agricoltura Jelena Tanasković, dimessasi mercoledì scorso dalla carica di direttrice della società Infrastrutture ferroviarie della Serbia. «Le pressioni e la persistenza» delle opposizioni «hanno avuto successo», il commento su X della deputata Marinika Tepić: riferimento alla protesta che per giorni ha bloccato l’ingresso della Procura di Novi Sad, accusata di inazione assieme alle massime autorità dello Stato. E «sono certa che gli arresti non sarebbero avvenuti» senza le proteste, ha aggiunto la rappresentante delle opposizioni, che chiedono anche siano resi pubblici i contratti relativi al restauro della stazione con un consorzio di imprese cinesi, francesi e ungheresi. «Gli intoccabili sono ora davanti alla giustizia», ha fatto eco il Zeleno-Levi front. Malgrado le critiche della minoranza, «i nostri procuratori si sono mossi cento volte più rapidamente che nei Paesi Ue dove sono accaduti incidenti simili», ha dichiarato intanto il presidente serbo Aleksandar Vučić.