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Strage di Erba – La difesa, la “nuova” prova sulle confessioni e le sentenze di condanna. A Brescia inizia revisione del processo

Venerdì 1 marzo torna in aula giudiziaria, dopo tantissimi passaggi televisivi, il caso della strage di Erba dell’11 dicembre 2006 quando Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini furono trucidati a sprangate e coltellate, mentre Mario Frigerio, marito della Cherubini, rimane a terra sgozzato ma vivo. Condannati in via definitiva all’ergastolo Olindo Romano e Rosa Angela Bazzi che sono stati giudicati in tre gradi come i responsabili della mattanza. Dopo le confessioni avvenute dopo i fermi i due coniugi, senza mai farsi interrogare durante i processi, hanno ritratto sostenendo la loro innocenza. Con la condanna inflitta dalla Cassazione quindi il caso non è mai stato mediaticamente chiuso. I ricorsi e le istanze sono stati via via respinti, l’ultima è stata accolta.

LA DIFESA – Gli avvocati Fabio Schembri, Nico D’Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello, hanno citato poco più di una decina di testimoni per l’udienza: la maggior parte dei quali indicati nell’istanza di revisione. Nell’elenco figurano il carabiniere Carlo Fadda in merito “al prelievo sulla traccia ematica rinvenuta nell’auto di Olindo”, Abdi Kais, amico di Azouz Marzouk, il marito di Raffaelle Castagna e Luca Ganzetti, amico di Raffaella, sulle presunte intercettazioni mancanti.

I testi e le consulenze – Il collegio difensivo proporrà l’ascolto degli esperti della la consulenza tecnico genetico sulla traccia ematica (prelevata dalla Seat Arosa dei coniugi), la consulenza collegiale “sull’impossibilità di Mario Frigerio a rendere idonea testimonianza a causa della cerebrolesione che gli ha provocato la perdita del ricordo”, la consulenza tecnica neurologica sulla dinamica della morte di Valeria Cherubini, la ricostruzione della dinamica dell’aggressione firmata dalla criminologa Roberta Bruzzone, la consulenza “in ordine al quadro psicopatologico rilevato in Olindo Romano e Rosa Bazzi e al ritardo mentale di quest’ultima che si pongono in rapporto con le loro false confessioni”, la perizia psichiatrica su Olindo.

Per i difensori la prima descrizione di Frigerio, avvenuta nel letto d’ospedale (ed emersa attraverso intercettazioni ambientali), non sarebbe concisa con l’aspetto dell’imputato. Mentre avrebbe molta più forza la pista del regolamento di conti per motivi di droga e soldi. A supportare questa tesi la testimonianza di Abdi Kais, amico di Azouz Marzouk, che dovrebbe riferire di gravi litigi tra gang rivali, avvenuti prima della strage, culminati addirittura con l’accoltellamento del fratello di Azouz. L’uomo ha affermato, inoltre, che nell’abitazione della Castagna “giravano” soldi e venivano custoditi i proventi dello spaccio di droga. Seguendo questa pista, la strage assumerebbe i contorni di un regolamento di conti tra bande rivali, spiegandone anche le modalità e la ferocia.

La “nuova prova” sulle confessioni – Ci sarebbe poi la “nuova prova”, ottenuta dai loro legali su come le confessioni che definiscono “false”, di Olindo e Rosa poi ritrattate, possano essere state determinate da disturbi cognitivi e psicologici. Per spiegare come i coniugi si siano inizialmente addossati la responsabilità dell’omicidio di quattro persone e del ferimento grave di una quinta i legali alla richiesta di revisione hanno allegato elaborati di esperti che hanno “rilevato disturbi psicopatologici in Olindo e Rosa e deficit cognitivi importanti in Rosa”. Elementi non valutati nei precedenti processi e che, invece, costituiscono una “nuova prova” ottenuta con una “consulenza multidisciplinare”.

L’ACCUSA – Le intercettazioni, le due confessioni, il Dna, la testimonianza del sopravvissuto, gli appunti su una Bibbia. L’accusa ha dalla sua una serie di elementi che sono stati già riconosciuti come prove dalla Corte d’assise, dall’appello e dalla Cassazione. Per i giudici del Tribunale di Como le intercettazioni dei due coniugi, finiti immediatamente nel mirino degli investigatori, “esprimevano un pensiero che suonava quasi come una confessione“. È il 20 dicembre 2006 sono passati nove giorni dal massacro, moglie e marito sono in macchina perché già pensano di essere sotto osservazione e dicono: “Perché non mettono sotto torchio lui ed i suoi amici marocchini …. Però quando noi andavamo dai carabinieri che dicevamo quello che succedeva … va se alzavano il culo e venivano giù … eh se loro alzavano il culo non succedeva …. “.

Alla base della condanna c’è la traccia di Dna rilevata nella Seat Arosa della coppia e la testimonianza di Mario Frigerio. Il sangue, non visibile a occhio nudo, venne repertato sull’auto sul battitacco del conducente insieme ad altre tre tracce che non erano sangue. Una “traccia di alta qualità, perché il Dna di quella traccia è strato tratto da sangue vicino al sangue puro, senza particolari fattori degradanti” scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza di primo grado citando le parole del perito. Era sangue di Valeria Cherubini, la moglie di Frigerio che fu trovata morta al secondo piano, dopo essersi trascinata. Senza contare la presenza di altro sangue della Cherubini sul pomello di un porticino usato per lasciare la palazzina del ghiaccio.

I giudici sottolineano come non sono state trovate tracce residue di sangue nel cortile subito dopo la strage, il fuoco (i due appiccarono anche un incendio), l’acqua utilizzata dai vigili del fuoco intervenuti “ha reso vano ogni tentativo di rinvenire orme, impronte digitali o tracce ematiche a partire dal portoncino di ingresso della palazzina del ghiaccio … Ed allora non resta che concludere che gli imputati possono essere stati contaminati da quella traccia di sangue solo la notte stessa della strage, e solo per essere stati proprio sulla scena del delitto, e questo prima che il fuoco e gli interventi dei primi soccorritori devastassero l’ambiente”.

Le due confessioni – Appena fermati marito e moglie negano, ma il 10 gennaio confessano e poi confermano due giorni dopo davanti al giudice per le indagini preliminari. “Io vi racconto tutta la verità adesso, poi qualche piccolo particolare poi dopo, lo rivediamo magari dopo perché … Niente quella sera lì eravamo in due, e io ero fuori che fumavo e mia moglie era in casa. Quando è arrivata la Castagna con la macchina del padre e la figlia e il nipote, io ero già fuori. Mia moglie è uscita, le abbiamo lasciate salire e nell’andare in là abbiamo messo i guanti, tutti e due, i guanti di tela bianca … Siamo entrati prima io e mia moglie penso che ce l’avevo subito dietro, ho colpito la Raffaella subito, ho colpito la madre subito e mia moglie è corsa dal bambino. Poi, mia moglie è ritornata e mi ha dato una mano a finire la mamma della Raffaella, poi siamo passati sulla Raffaella ed abbiamo finito anche lei …. ” racconta Olindo Romano ripercorrendo poi le fasi successive con l’aggressione a Frigerio con “la stanghetta di ferro” per poi usare il “coltellino”.

I cuscini e l’aggressione alla Cherubini I due coniugi avevano confessato circostanze ancora non verificate dagli investigatori e conoscevano particolari che solo chi aveva portato a termine la strage poteva sapere. Entrambi hanno raccontato come è morta Valeria Cherubini. Gli stessi inquirenti all’inizio pensavano che l’aggressione alla donna si fosse conclusa nel suo appartamento dove era stata ritrovata. Mentre sono stati i due coniugi a rivelare, “cosa che poi è stata confermata da tutte le risultanze processuali – scrivono i giudici in sentenza – che l’aggressione si era conclusa sul pianerottolo del piano sottostante e che, quindi, era stata la donna da sola a riuscire a trascinarsi sino al suo appartamento”. C’è il particolare dei cuscini ritrovati vicino i corpi di Raffaella e della madre, usati per soffocare i lamenti. Particolare che non erano noto a nessuno e che all’inizio neanche gli inquirenti avevano preso in considerazione, eppure Rosa Bazzi ne parla e dice come e perché li ha usati.

La Bibbia e la lettera al sacerdote – È agli atti del processo una lettera che nell’aprile del 2007 la coppia fece arrivare a un religioso: “Non ci siamo ancora resi conto di ciò che
abbiamo fatto. Il perdono, il pentimento, si contrappongono all’odio e alla rabbia, alle umiliazioni subite in questi anni, la nostra colpa, la responsabilità di chi poteva evitare tutto questo e non lo ha fatto”. Ci sono poi gli appunti di Romano sulla Bibbia che gli fu regalata dal cappellano del carcere durante i primi mesi di detenzione. Anche questi scritti sono agli atti “… accogli nel tuo regno il piccolo Youssef, la sua mamma Raffaella, sua nonna Paola e Cherubini Valeria a cui noi abbiamo tolto il tuo dono, la vita … ” e poi ” … oggi a colloquio con la mia vita mi ha raccontato che sono alcune notti che vede Raffaella davanti alla branda come quella sera col sangue che le scende sul volto ed i colpi che gli ho inferto quando l’uccidemmo … ” e sotto il commento:” … stiamo scontando la nostra pena per causa tua e della tua famiglia … “. In altri appunti il rancore verso le vittime, verso il padre di Raffaella Castagna “… Dio lo ha punito, un uomo che si rifugia in chiesa, cattolico per interesse. Sapeva tutto e non ha fatto niente per evitare una strage annunciata … “; verso Mario Frigerio e Valeria Cherubini: “… dovevano farsi i cazzi suoi …”

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