Ventisette anni con il “dottore” in giro per il mondo. Dal 1986 al 2013 è stato uno dei piloti dell’aereo privato di Silvio Berlusconi. Doriano Cimin è una delle persone che ha conosciuto l’uomo, non solo l’imprenditore o il politico. Nato a Precenicco, ha fatto ritorno in Friuli Venezia Giulia da qualche tempo, dopo avere letteralmente girato il mondo.
Che ricordo ha di Silvio Berlusconi?
«Era una persona molto umana, altruista, umile e generosa. Ha trattato tutti noi come dei figli, facendoci sentire parte di una grande famiglia, e proprio per questo ho vissuto questi giorni come se avessi perso un mio parente stretto».
Come datore di lavoro, essendo anche un personaggio pubblico, era una persona difficile da avvicinare o avete avuto occasione di scambiare qualche parola con lui?
«Ha sempre saputo costruire un rapporto speciale con ognuno di noi, e ci ha tenuti vicini come dei figli, insegnando anche ai suoi figli a fare lo stesso. Questa educazione sicuramente arrivava da sua madre, che a sua volta è stata una donna molto semplice. Mi ricordo che ci raccontava che amava andare a fare la spesa al mercato settimanale nel suo quartiere e passava il tempo a controllare in quale bancarella sarebbe riuscita a fare l’affare migliore».
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Quanto al “Cavaliere”, come vi rapportavate con lui?
«Noi lo chiamavamo “Dottore”, e a lui piaceva essere chiamato così. Era sempre sorridente e aveva un carisma che lo portava spesso ad ottenere quello che voleva, ma era sempre pronto a stare vicino a chiunque. Se qualcuno gli chiedeva un saluto per un amico o anche solo una dedica lui era sempre disponibile. Si stava bene con lui e io, che sarei potuto andare in pensione due o tre anni prima quando mi ha chiesto di fermarmi ancora un po’ non ho saputo dirgli di no».
In tanti anni a contatto con la famiglia vi siete anche trovati a condividere del tempo libero?
«Quando raggiungevamo posti in cui ci fermavamo più a lungo ci chiedeva sempre se preferissimo alloggiare in hotel oppure nelle sue ville. Abbiamo condiviso moltissime esperienze, io ad esempio sono andato ad accompagnarlo in ospedale per la nascita di Luigi, suo figlio. Era una persona molto affettuosa che teneva tantissimo alla sua famiglia. Una volta Luigi, suo figlio voleva provare a pescare, ma a lui la pesca non piaceva particolarmente, così ricordo che affittò una barca e chiese a qualcuno di noi di accompagnarlo in questa avventura. Nei primi anni di Publitalia lo portavamo in giro per il paese per le numerosissime convention che teneva ovunque in quel periodo, ma la sera, che fosse l’una di notte o che fossero le quattro, lui voleva rientrare a casa, ad Arcore».
C’è qualcosa che gli piaceva particolarmente?
«Sicuramente il blu, un colore che indossava spesso, anche quando si toglieva la giacca e indossava degli abiti meno formali. Un’altra cosa a cui teneva tantissimo era vedere le persone vestite bene e ordinate. Lo faceva lui per primo, presentandosi sempre impeccabile a tutti gli appuntamenti, e gli piaceva riscontrarlo anche negli altri. Sosteneva che una buona presenza è una forma di rispetto anche per il prossimo. E ricordo che anche ai giocatori del Milan, che spesso arrivavano con tagli di capelli bizzarri o barbe strane, lui ha spesso spiegato, come un padre fa con i suoi figli, che facendo parte di una squadra ognuno di loro rappresentava la società e che quindi era preferibile che lo facessero al meglio».
Quando era lontano dalle telecamere e dagli impegni formali, cosa amava fare?
«Come molti hanno spesso ricordato amava raccontare le barzellette, ne aveva sempre qualcuna da condividere per farti sentire a tuo agio. Era un grande lavoratore, dormiva tre ore a notte e poi ricominciava. Amava anche molto gli animali e la natura. Nella sua casa in Sardegna aveva raccolto tutte le piante del mondo, anche esemplari molto rari, che teneva in vita ricreando per loro habitat che ricordassero quelli delle loro terre di origine. Se arrivava qualche ospite adorava raccontare loro la storia di ciascuna pianta, con tutti i dettagli possibili, condividendo questa sua grande passione».
Quando è stata l’ultima volta che lo ha incontrato?
«Circa cinque anni fa per la tradizionale festa di Natale. Lui ci invitava ogni anno, anche se oramai non eravamo più in servizio, insieme agli altri, e noi piloti ci presentavamo sempre in divisa perché era blu e sapevamo che a lui faceva piacere. Le feste, se le faceva solo con noi le faceva a casa a Arcore, ma se decideva di aprire l’invito a molti altri collaboratori le facevamo nell’hangar».
