Un no inequivocabile, seguito però da una certa apertura al confronto. La posizione del Comune di Treviso e del suo primo cittadino rispetto alla Carta d’intenti promossa dal Coordinamento Lgbte di Treviso, in vista del Treviso Pride di sabato, per Coalizione Civica è volutamente ambigua, anzi peggio. Si tratterebbe di un’operazione di “social washing”.
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Martedì il sindaco di Treviso, Mario Conte, aveva comunicato che non avrebbe firmato la Carta d’intenti contenente 15 punti considerati le misure minime essenziali di tutela e riconoscimento dei diritti civili che contribuiscono a realizzare la piena autodeterminazione delle persone Lgbtqia+. «Partiamo da sensibilità diverse, è necessario un confronto su diversi temi, soprattutto quelli più delicati» aveva affermato Conte, lasciando aperta una finestra per il dialogo. Un confronto possibile, però, solo a evento concluso, visto che il sindaco non presenzierà all’evento di domani. Su questo, non si è fatta attendere, dura, la replica di Coalizione Civica: «La nostra è una adesione “senza se e senza ma” perché condividiamo i valori e la visione culturale che sono alla base della “carta di intenti”» dichiara Gigi Calesso, «Rimandare a una futura convocazione del tavolo equivale ad una operazione di “social washing”, che non può stupire visto che su questo fronte le uniche decisioni di nota della prima amministrazione Conte sono l’uscita del Comune di Treviso dalla rete RE.A.DY. (che raggruppa gli enti locali impegnati a contrastare e superare le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere) e la mancata concessione del patrocinio ai Pride che si sono svolti durante il mandato».
Secondo Coalizione Civica, Conte avrebbe deluso la comunità Lgbtqia+ anche per la vicenda dell’iscrizione all’anagrafe dei figli delle coppie omogenitoriali, poi risoltasi con la mancata adesione alle iniziative dei suoi colleghi che hanno chiesto con forza un intervento legislativo per superare la discriminazione esistente nei confronti dei bambini che vivono questa situazione.
Se dal sindaco del capoluogo è arrivato un netto no alla Carta d’intenti del Pride, dai 94 sindaci della provincia e dagli enti trapela una certa freddezza generalizzata. La maggior parte dei primi cittadini interpellati dichiara di non aver visionato il documento e per questo motivo si astiene dal dichiarare la propria volontà. Ad eccezion fatta del sindaco di Castelfranco, Stefano Marcon, che afferma: «Non firmeremo la carta d’intenti, non è una priorità dell’amministrazione comunale e anche come Provincia ora abbiamo altre priorità». Di avviso opposto il sindaco di Preganziol Paolo Galeano: «Non c’è nessun problema a sottoscrivere il documento che in linea di principio è condiviso e poi per gli impegni puntuali ci confronteremo – spiega Galeano - La carta degli intenti pone anzitutto un tema, ovvero quello dei numeri inaccettabili di episodi di aggressioni o di discriminazioni per omolesbobitransfobia, a cui devono essere aggiunte tutte le numerose situazioni “sommerse” e subite nel silenzio. La nostra amministrazione rimane aperta al dialogo per aprire e potenziare collaborazioni su questo fronte».