Lisa è tornata e mette nel mirino i Mondiali di Oberhof. Se Ruhpolding è stata una dolce riscoperta, Anterselva ha regalato solo conferme. Due indizi che fanno una certezza: per Lisa Vittozzi è arrivato il momento delle rivincite dopo un periodo tutt’altro che facile.
Ripartiamo dalle emozioni “a freddo” del weekend di Anterselva?
«Giorni straordinari, non solo per me ma per tutta la squadra azzurra. Gareggiare ad Anterselva ha un sapore speciale, c’è tantissima gente, in mezzo alla quale ci sono i nostri amici e familiari. Anterselva è il tempio del biathlon e fare bene lì significa vivere giorni di gloria. Sono molto contenta di come sono andate le cose. Dopo la sprint ero un po’ delusa, ma mi sono ripresa e nell’inseguimento ho fatto una gara che sinceramente non mi aspettavo neanche io. Salire sul podio ad Anterselva regala una carica incredibile. Mi serviva proprio. L’ultimo giro è stato qualcosa di pazzesco. In salita ogni tanto mi guardavo attorno con la coda dell’occhio. C’era tantissima gente che faceva un tifo infernale. Quello di Anterselva è stato il secondo podio della mia carriera lì, non ero abituata a quel tipo di emozioni ma sono stata brava a gestirle, soprattutto in gara».
Cosa significa in quei frangenti avere dalla propria parte un grande tifo?
«Aiuta soprattutto nei momenti più complicati della gara. Sapevo che erano presenti i miei tifosi, giunti da Sappada. Mi hanno trascinato, sentivo la loro presenza al mio fianco. A dire il vero mi seguono spesso, anche più lontano. Ma Anterselva è Anterselva e sono doppiamente contenta di aver regalato una grande gioia anche a loro».
Anterselva ha certificato una stagione fin qui straordinaria: qual è il segreto di questa “rinascita”?
«Ho passato anni difficili ma dalle sconfitte, anche le più brucianti, ho trovato la forza per crescere e migliorare. Ho cercato di vedere del positivo anche quando tutto va male. Ci sono momenti nella vita di un atleta in cui tutto diventa buio e negativo, ma non è così e questo è stato uno dei miei grandi errori del passato. Oggi mi sento soprattutto tranquilla. Ho acquisito la giusta consapevolezza, credo fortemente in quello che sto facendo ed i risultati finalmente si vedono».
In questi anni hai lavorato molto anche sul fronte introspettivo. Continua quel tipo di allenamento?
«Assolutamente sì, è importantissimo. Lavoro molto col mio mental coach Aiace Rusciano, mi ha aiutato tanto. Sono contenta di aver intrapreso questo percorso. Lo consiglierei a chiunque, non solo in ambito sportivo».
Tornando alla pista, Ruhpolding è stata una giornata indimenticabile per te?
«Erano anni che non vincevo. Ho fatto una gara al di sopra della perfezione, è stata una giornata speciale in cui ho rivissuto emozioni che non provavo da tempo. Questo sport mi ha dato tanto ma mi ha anche fatto soffrire tanto. A Ruhpolding per un attimo ho riavvolto il nastro. Mi sono passate davanti tutte le cose che mi sono successe in questi anni. La vittoria è stata una rivincita per me».
E adesso che succede?
«All’orizzonte ci sono i mondiali di Oberhof dove voglio confermare l’ottimo momento che sto vivendo. Mi piacerebbe tornare a casa con una medaglia al collo. Magari più di una. Ci lavorerò duramente ma senza assilli. I mondiali sono un evento a sé. Affronterò gara per gara, senza focalizzarmi sul traguardo ma sul cercare la migliore prestazione possibile».
Chiusura dedicata ai complimenti che hai ricevuto dopo Ruhpolding da Zaia e Fedriga: ti senti più veneta o più friulana?
«Mi ha fatto piacere mettere tutti d’accordo. È il potere dello sport. Sono felicissima di aver ricevuto i complimenti da entrambi. Sono nata a Pieve, ho tanti amici cadorini, molti erano anche presenti ad Anterselva. Vivo a Sappada che amo. Oggi non è più in Veneto, ma in Friuli. Per i motivi elencati mi piace sentirmi per metà sappadina e per metà cadorina».
