Treviso sta invecchiando, un fenomeno che porta a conseguenze come il divario digitale tra giovani e anziani e l’analfabetismo digitale di ritorno. Nel 2021, in città gli under 25 erano 17.842 su un totale di 84.852 abitanti, chi aveva tra 25 e 45 anni 18.814, mentre le fasce d’età più rappresentante erano la 45-59 con 19.784 unità e gli over 60 con 28.412 soggetti. Nella quotidianità la contrapposizione generazionale si concretizza nell’essere nativi o “immigrati digitali” e il festival StatisticAll, che si chiude oggi a Treviso, ha dedicato una conferenza a questo tema, sollevando i problemi e proponendo soluzioni per dare una mano ai più anziani.
«La pandemia ha accelerato la costruzione di una società digitale – spiega Cristina Freguja, direttrice centrale per le statistiche sociali e il welfare dell’Istat – in Italia nel 2021 la quota di utenti regolari di internet tra i 16 e 64 anni è dell’80%, più bassa rispetto a quella europea dell’87%. C’è una grande disuguaglianza generazionale, meno del 50% degli over 60 usa internet e chi lo fa appartiene spesso a classi medio, oltre i 75 anni si scende sotto il 15%. Siamo stati condizionati dal concetto di nativi digitali e immigrati digitali ma più che l’età conta il contesto in cui si vive e le donne anziane, che hanno accumulato più disuguaglianze, sono quelle meno adatte al mondo digitale». Urge fare qualcosa per mettere tutti in condizione di vivere in una realtà digitale: «Bisogna lavorare su tre aspetti – continua Freguja – creare una società digitale, cioè far sì che cittadini e imprese possano usare semplicemente e sistematicamente i servizi offerti sul web dalla pubblica amministrazione che avrebbe una ricaduta sul privato. Serve spingere l’innovazione che porta tecnologia sul territorio. E infine investire nell’istruzione dei giovani e nella formazione continua dei cittadini».
Per la fascia d’età di mezzo, quella che un domani sarà anziana, il digitale può offrire opportunità in ambito lavorativo e prepararsi a una vecchiaia più confortevole: «Le imprese possono trainare la formazione digitale – commenta Bettina Giordani dell’azienda Salesforce – l’analfabestismo digitale coinvolge giovani e anziani, nessuno riesce a comprendere completamente l’offerta digitale. In una nostra indagine le varie generazioni sono accomunate da una cosa: solo il 19% è cosciente che deve studiare per sopperire all’ignoranza digitale. Dobbiamo rendere comprensibile la domanda rispetto all’offerta, stiamo andando tanto veloci dimenticandoci di chi rimane indietro. Con il digitale, per esempio, i 50enni possono ricrearsi una carriera lavorativa».
Chi si occupa di educare al digitale è Gregorio Ceccone della Social Warning Ethical Movement: «Esiste un divario culturale: vedo adulti spaventati e ragazzi che sanno che il digitale è realtà. Per superare gli ostacoli serve un confronto tra anziani e giovani. Le generazioni ibride devono guardare con curiosità il mondo digitale».
