foto da Quotidiani locali
TRIESTE Americani, russi, cinesi, austriaci, ungheresi… Non si contano le nazionalità dei potenziali investitori interessati al Porto vecchio di cui il Comune ci ha reso edotti in questi anni, senza però che – finora – gli interessamenti potessero tradursi in pratica. Ora però il consorzio Ursus ha concluso la fase di valutazione degli immobili e raggiunto la quadra sugli edifici da vendere alla Regione per il “Pirellone orizzontale” fedrighiano. Il che significa che entro fine anno i magazzini 7, 10, 117 e 118 potrebbero passare all’ente regionale, mentre a partire dal 2023 l’ente punta a mettere sul mercato gli edifici restanti, divisi in “blocchi” da più stabili.
Il consorzio Ursus, ricordiamo, è una filiazione dell’accordo di programma fra Comune, Regione e Autorità portuale per la gestione dell’antico scalo. A presiederlo è il dirigente comunale Giulio Bernetti, affiancato da Sandra Primiceri (Adsp) e Luciano Zanelli (Regione). Mentre il Comune è all’opera per infrastrutturare l’area e approntare gli appalti, al Consorzio toccherà occuparsi della vendita: per questo ha incaricato l’Agenzia delle Entrate della valutazione di tutti gli immobili presenti nell’area, appena ultimata. Al momento la cifra del valore complessivo degli edifici resta appannaggio del consorzio, che attende una riunione del cda la settimana prossima prima di rendere disponibili i dati.
La messa sul mercato dovrebbe arrivare l’anno prossimo. I primi a essere venduti sono i magazzini che interessano alla Regione: entro la fine del mese Ursus conta di sottoscrivere un accordo di programma propedeutico al passaggio di mano con tutti gli enti interessati (oltre a Regione e Comune anche il Ministero della Cultura e l’Autorità portuale).
In principio, ricordiamo, la Regione mirava ai magazzini più prossimi al centro, ma le difficoltà derivanti dalla concessione Greensisam (che insiste su quell’area) hanno portato l’ente a sceglierne degli altri: il costo complessivo dell’operazione per il bilancio regionale sarà di una decina di milioni. Quanto all’area Greensisam, ricordiamo che i magazzini ivi inclusi (1/A, 2, 2/A, 3 e 4) sono tra i più pregiati: al momento il concessionario non vuole mollare senza aver avuto una qualche forma di compensazione, il Comune è restio ad accondiscendere, sicché la trattativa continua.
Che ne sarà del ricavato delle alienazioni? L’accordo per la sdemanializzazione prevede che gli introiti derivanti dalle vendite vengano destinati all’Autorità portuale: il tema è stato oggetto di discussione fra gli enti, e alla fine all’Adsp andrà l’85%. Il restante 15% va al Comune e una quota parte della somma – ancora da definire – verrà destinata proprio al consorzio.
Si diceva in apertura d’articolo che i magazzini non verranno venduti singolarmente ma in blocchi: questo presuppone acquirenti dotati di fondi e mezzi rilevanti, oppure cordate di operatori più piccoli. A questo fine Ursus ha raccolto oltre cinquanta manifestazioni d’interesse “minori” - il sindaco Roberto Dipiazza le chiama «i nani» - piccoli investitori da tenere informati perché possano in caso associarsi tra loro o a una cordata maggiore per poter entrare nell’area.
Un’operazione di questa portata apre inevitabilmente il rischio della speculazione: per evitare che qualche fondo acquisti i magazzini per poi lasciarli a marcire, Comune e consorzio stanno studiando dei paletti per assicurarsi che all’alienazione segua poi un effettivo recupero dei beni. «Lo faremo compatibilmente con le normative vigenti e con le manifestazioni d’interesse – commenta l’assessore al Porto vecchio Everest Bertoli –. Certo per noi sarebbe auspicabile un’alienazione e un progetto globale per tutta l’area, ma la cosa più importante è che i progetti siano poi in linea con quanto stabilito dai piani di Andreas Kipar e Alfonso Femia».
A proposito del bosco urbano dell’architetto Femia, è allo studio anche una forma di “condominio” per gli acquirenti dei magazzini, che contribuiranno alla manutenzione degli spazi pubblici: «Necessario per tenere alta la qualità dell’area», spiega Bertoli. Almeno un paio di grandi realtà economiche avrebbero adocchiato l’area, non resta che attendere per vedere quando infine si passerà all’azione.