Un weekend diverso dal solito? In Friuli Venezia Giulia, una delle regioni più affascinanti e meno conosciute d’Italia. Vittima del luogo comune che la considera “troppo lontana da tutto”, raramente inserita fra le tappe da non perdere nel Grand Tour d’Italie, questa terra di confine custodisce invece una serie impressionante di sorprese enogastronimiche e culturali che si perdono fra l’irrequieto Carso, il mar Adriatico e la laguna. Uno scrigno di terra, incastonato fra la Slovenia e l’Austria (di cui un tempo faceva parte), dove in due giorni si plana fra estremi: dalla montagna al mare; dall’insospettabile tradizione centenaria orologiaia di un paesino di montagna della Val Pesarina come Pesariis - qui dal 1725 si producono orologi destinati alle torri civiche e campanarie - alla mitteleuropea Way of Life dell’aristocratica Trieste

Pesariis. Foto: Ulderica Da Pozzo

Route 63, la strada dei vini e dei sapori

Ma il Friuli Venezia Giulia è soprattutto una questione di gusto. Per scoprirne i sapori c’è un vero e proprio itinerario ad hoc. Si chiama Route 63, la Strada del Vino e dei Sapori a cui hanno aderito 480 tra produttori, ristoratori, cantine e artigiani, pronti a raccontare la loro terra in sei diversi percorsi attraverso i loro prodotti e alcuni dei migliori vini bianchi autoctoni del mondo. Un percorso che unisce la riviera alle Dolomiti, il Collio al fiume Tagliamento, Pordenone a Udine, le tre città patrimonio dell’Unesco, Aquileia, Cividale del Friuli e Palmanova, fino ad arrivare alle dolci colline che abbracciano San Daniele del Friuli. Ed è proprio da qui che potrebbe partire il nostro viaggio fra i sapori. Perché San Daniele (che dal 26 al 29 agosto ospiterà Aria di Friuli, kermesse dedicata ai principali prodotti enogastronomici del territorio) è il regno di sua maestà il prosciutto, la cui lavorazione richiede numerosi passaggi eseguiti ancora oggi secondo un’antichissima tradizione artigianale che qui gode di un microclima perfetto dove le correnti fresche delle alpi si mescolano a quelle umide del mare. Ne sanno qualcosa al prosciuttificio Bagatto che lavora ininterrottamente dal 1957 e mantiene intatta la tradizione sfornando prosciutti, pancette,  salami, guanciali, lardo e la misteriosa Peta do Noè, una polpetta di carne di suino e capra macinata, insaporita con aglio, sale e pepe nero triturato a grana grossa tipica della Val Tramortina. 

Il prosciutto San Daniele
ALESSANDRO MICHELAZZI

Scoprire la Malvasia e i disegni di Pasolini 

Da San Daniele ci si sposta poi verso Cividale del Friuli, città capitale del primo ducato longobardo in Italia, e quindi nei Colli Orientali, che si estendono lungo la fascia collinare che da Udine porta fino al confine con la Slovenia. A Buttrio, proprio ai piedi delle colline, circondata da vigneti di proprietà, si trova la tenuta Casaforte d’Attimis-Maniago di proprietà dei conti d’Attimis-Maniago, dove da quasi un secolo vengono prodotte le bottiglie Conte d’Attimis-Maniago grazie alla valorizzazione di vitigni tradizionali come il Friulano, la Ribolla Gialla, la Malvasia, il Picolit, il Verduzzo friulano, il Pignolo, lo Schioppettino, il Refosco dal Peduncolo Rosso. Ma la zona è un paradiso per chi ama il buon cibo. Se ci si sposta un po’ più spostati a oriente si giunge nelle Valli del Natisone dove nasce il dolce simbolo del Friuli Venezia Giulia: la Gubana, una delizia fatta  di pasta lievitata dalla tipica forma a chiocciola. Il ripieno è composto da uva passa, pinoli, noci e, a seconda delle ricette, grappa, sliwovitz, miele, frutta candita e mandorle. 

FVG1 Grado, porticciolo

Grado
Nicola Brollo

Il tour prosegue da nord a sud, dai monti alla laguna e al mare. Si scende infatti fino a Grado, l’isola del sole, che quest’anno festeggia i 130 anni di storia come stazione di cura e soggiorno. Un anniversario celebrato da concerti, convegni, mostre (da non perdere “Pasolini. I disegni nella laguna di Grado” esposizione aperta fino al 31 luglio alla Casa della musica e dedicata al grande scrittore e regista che in queste terre ha trascorso parte della giovinezza), e dal video mapping hORI_ZON, firmato dalla Visual art designer Sara Caliumi e proiettato ogni giorno sulla facciata della Basilica di Sant’Eufemia. Da Grado ci si sposta poi in traghetto fino a Trieste, tappa obbligata di questo weekend dei sensi. A proposito, avete provato a passeggiare in piazza Unità d’Italia al tramonto? 

Pier Paolo Pasolini con Ninetto Davoli nel 1970. Fotografia © Archivio Zigaina

I formaggi, il miele e le vongole del Carso

Poi si prosegue fino al Carso, lingua di roccia calcarea nota per essere stata teatro di violentissime battaglie durante la prima guerra mondiale, tra le truppe italiane e quelle austro-ungariche. Oggi questo territorio rude che concede uno sguardo sull’Adriatico e un altro all’aspro altopiano che fa da cornice a Trieste, è una realtà sospesa tra passato e futuro, non solo per le vicende storiche ma anche per quelle legate al patrimonio enogastronomico. Prosecco, la città che ha dato il nome ad uno dei vini più famosi al mondo si trova proprio da queste parti. Ma sono tantissime le cantine e osmize dove poter degustare non solo vini, ma anche prelibatezze come formaggi, la cui produzione non passa attraverso la pastorizzazione per mantenere intatta la carica batterica. Guai a non assaggiare la jota, la tradizionale minestra di fagioli e crauti oppure il formaggio Jamar, stagionato per almeno quattro mesi in fondo a una grotta carsica (che in sloveno si dice appunto jama) e gli altri prodotti caratteristici del Carso: si va dai sottaceti al miele di Marasca, fino ai pedoci, cioè le cozze, i caperozzoli (vongole) e i sardoni (alici), i più diffusi nel golfo: non perdetevi quelli in savor, cioè fritti e marinati con aceto e cipolla. Ma non solo. Nella meravigliosa Val Rosandra si produce il famoso olio extravergine Tergeste, ottenuto dalla coltivazione autoctona della Bianchera sopravvissuta alla leggendaria gelata del 1929 grazie alla volontà dei contadini. 

Sea & Taste al Castello di Duino.
fabrice gallina 2021

I viticoltori investono sulla tradizione

Ma è tutta l’area ad essere ricca di viticoltori dalle menti illuminate. Come ad esempio Beniamino Zidarich, che ha capito come l’unione faccia la forza e come la collaborazione fra realtà slovene e italiane possa diventare la chiave per affrontare le sfide del futuro. “Oggi i produttori del Carso si dedicano sempre di più alla qualità creando un prodotto unico che rispecchia a pieno il territorio. - ci spiega - La produzione è ridotta ma i vini sono fatti da artigiani che si sentono una famiglia unita. E ciò non può che essere un vantaggio”. Anche Dimitri Cacovich, apicoltore e viticoltore di soli 24 anni , la pensa così. Ma al concetto principale aggiunge la sua personalissima ricetta su come non disperdere il valore della tradizione. “Tutti parlano di lavorare senza perdere la propria identità”, ci racconta. “Ebbene è esattamente ciò che sto cercando di fare anche io piantando varietà di vitigni autoctoni come Vitovska, Malvasia e Refosco. Il motivo è semplice: non esiste futuro senza passato. Il nostro domani è custodito nella nostra storia e nella nostra tradizione”. Insomma, la sintesi perfetta per raccontare una regione che ha imparato a guardare avanti senza mai dimenticare da dove viene.