Lo rivela a Panorama Claudio Simonetti, autore della colonna sonora del film horror che sta per compiere 45 anni. «Nella vita
non ho composto solo musiche da paura, ma anche ritmi dance: pochi lo sanno, ma Gioca Jouer di Claudio Cecchetto l'ho fatta io».
Claudio Simonetti.
«A lume di candela, in una casa di Roma, immersa nell'oscurità: il primo incontro con Dario Argento fu un appuntamento al buio nel senso letterale del termine. Gli facemmo ascoltare i nostri brani seduti a un tavolo, nella penombra, con un mangiacassette a batterie» ricorda Claudio Simonetti, compositore, insieme alla sua band, i Goblin, di una delle colonne sonore più iconiche della storia del cinema italiano: Profondo rosso, un bestseller da quattro milioni di copie. «No, non fu una messinscena quella della casa buia» ricorda Simonetti. «Dario si era appena trasferito nella nuova abitazione, ma ci fu un ritardo negli allacciamenti. Incredibilmente, nove anni dopo, rimanemmo di nuovo al buio per un guasto a casa sua, dovevamo discutere della colonna sonora di Phenomena».
Aveva 22 anni nel 1974 Claudio Simonetti: era un figlio d'arte (suo padre, Enrico, dirigeva l'orchestra di programmi Rai come Senza rete e Canzonissima) e faceva parte di una band di musicisti: «Suonavamo progressive rock, una musica visionaria che aveva stregato i giovani gruppi di allora, tra cui New Trolls e Pooh, che però il grande successo l'hanno ottenuto con le canzoni facili e immediate». Non è andata così ai Goblin, che il primo posto in classifica (per 15 settimane) l'hanno conquistato con la colonna sonora di un film horror.
«Per volere del destino, arrivò il nostro momento: Dario aveva commissionato la colonna sonora di Profondo rosso a Giorgio Gaslini, ma in corso d'opera qualcosa non andò per il verso giusto» prosegue Simonetti. «Dario era alla ricerca di un sound più rock, tanto che in un primo momento pensò ai Pink Floyd, ai Deep Purple, a Emerson Lake & Palmer. Per fortuna, Carlo Bixio della Cinevox Records gli parlò di noi. "Mi mancano i temi principali della colonna sonora e abbiamo poco tempo" disse Argento dopo averci mostrato il film. Così, ci chiudemmo in una cantina-sala prove per 10 giorni. Noi incidevamo musica e lui montava i brani sulle immagini. Fu un momento creativo straordinario, con un ingrediente segreto: utilizzammo il suono fantastico di un organo a canne della basilica di Piazza Euclide, a Roma».
Da Profondo rosso a Suspiria, Phenomena, Opera, La terza madre e poi ancora Zombi, diretto da George A. Romero: «Non esiste una regola per mettere in musica la paura che emana dalle scene di un film» racconta Simonetti, al lavoro in queste settimane con James Wan, il regista di Fast & Furious 7 e Aquaman. «L'accordo grave e drammatico nella sequenza in cui si intravede il killer è esattamente quel che va evitato. Funzionano meglio i crash, come una scena inquietante accompagnata da una musica dolce e ripetuta, dalla voce di un bambino, dal canto accennato di un soprano o da una base di musica elettronica» spiega.
«Ogni commento musicale di una pellicola ha la sua storia: per Suspiria componemmo subito dopo aver letto la sceneggiatura. Una parte di quei brani non finì però sul disco, ma venne utilizzata da Dario come sottofondo per le riprese sul set. Ci sono poi casi in cui il regista consegna al compositore una prima versione del film accompagnata da musiche "casuali" con lo scopo di dare un po' di colore ai dialoghi. Ennio Morricone, per esempio, era contrario, non voleva guardare il film accompagnato da queste musiche d'appoggio: le considerava fuorvianti. A lui erano sufficienti le immagini e i dialoghi».
Pioniere delle colonne sonore e della via italiana alla disco music: «Alla fine degli anni Settanta c'era una gran voglia di archiviare l'atmosfera plumbea di quel decennio. Io avevo subito le angherie di un tempo in cui suonare a un festival era complicato perché la gente voleva entrare gratis. Una sera, andai a vedere i Pink Floyd al Palaeur di Roma, ci furono i soliti scontri e fummo menati dalla polizia senza motivo. Ecco, archiviato quel decennio, cambiò anche l'approccio alla musica e iniziai a dedicarmi a progetti dance che ebbero successo anche all'estero: gli Easy Going, Vivien Vee e poi Claudio Cecchetto. Gioca Jouer l'ho composta io» rievoca. «Nel 1980 mi sono trovato sul palco del Budokan di Tokyo a dirigere l'orchestra per Raffaella Carrà. Ero amico di Gianni Boncompagni, l'uomo più divertente mai conosciuto. Telefonava nel cuore della notte come se fosse pomeriggio: "Scusa sono in studio con Raffaella potresti raggiungerci?".
Lei era una professionista instancabile e perfezionista. Lui, per contrasto, amava sì il lavoro, ma aveva un'irresistibile attitudine al divertimento, a non prendersi troppo sul serio. Dopo la trasferta giapponese Gianni e Isabella Ferrari furono i miei testimoni di nozze» ricorda. Il presente di Simonetti è fatto di nuovi dischi (l'ultimo, uscito nel 2019 s'intitola The devil is back), ma anche delle performance live in cui propone le storiche colonne sonore dei film di Argento (ai primi d'agosto uscirà una nuova versione di Profondo rosso reincisa con i Claudio Simonetti's Goblin).
«In tutto il mondo c'è un pubblico, sorprendentemente composto anche da molti ragazzi, che vuole ascoltarle in concerto» spiega. «Abbiamo fatto 40 date negli Stati Uniti, numerosi sold out in Giappone con i fan che ci aspettavamo fuori dall'albergo, e una serie di apparizioni trionfali a vari festival heavy metal. Se poi non ci fosse stato il lockdown planetario, ci saremmo anche esibiti su una nave durante una crociera-concerto organizzata dagli Yes insieme ad altri gruppi storici del progressive rock. Ci riproveremo…».