Sarà effettuata lunedì pomeriggio l’autopsia sul corpo di Lidia Caronda, l’infermiera 56 enne morta carbonizzata lunedì scorso in un incidente avvenuto in A4, nel tratto tra Latisana e Portogruaro.
Tra gli esami previsti anche quello tossicologico, che è stato stabilito per capire se, quando è scoppiato l’incendio, Lidia fosse già morta nello schianto.
Difficile è stato anche il riconoscimento del corpo della donna a causa delle fiamme che hanno avvolto l’auto sulla quale viaggiava. Nel groviglio dell’auto carbonizzata sono stati ritrovati anche i resti del cagnolino della 56enne, che viaggiava con lei.
A provocare il rogo fatale, il violento tamponamento nel quale sono stati coinvolti un camion e una bisarca, oltre all’auto dell’infermiera.
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Sul caso sta indagando la Procura di Pordenone, con il pubblico ministero di turno Federica Urban che ha aperto un fascicolo per omicidio stradale. Iscritto nel registro degli indagati un 30enne romeno che era alla guida della bisarca che ha travolto la vettura guidata da Lidia Caronda.
Originaria di Catania, Lidia viveva da molto tempo a Vittorio Veneto ed era conosciutissima per il suo lavoro in ospedale. L’infermiera lunedì pomeriggio stava tornando dal Friuli, dove era stata a far visita al compagno che lavora in una struttura ospedaliera di Trieste. Un tragico ritorno, concluso nel rogo dell’auto dove ha trovato una morte atroce.
«La mia Lidia, oltre ad essere una collega, era una sorellona», dice commossa Maria Pia, l’amica del cuore, che lavora da più di vent’anni nell’ospedale di Costa. «Giovedì sarebbe dovuta venire a casa mia per gli auguri di Natale e per mangiare qualcosa insieme. Purtroppo, è andata in modo diverso e il destino ha voluto dividerci. Quando abbiamo saputo cosa era successo, siamo rimasti tutti basiti. Lidia ha fatto una morte orribile. È un grande dolore, con lei ho condiviso tante ore di corsia e di spensieratezza».
Lidia Caronda aveva lavorato in molti reparti dell’ospedale d Vittorio Veneto, dall’ortopedia al day hospital. Ora faceva parte dell’equipe che gestisce la piastra ambulatoriale. La sua non è stata una vita facile, da tempo era afflitta da problemi di salute e questo le creava non poche sofferenze e preoccupazioni.
Era una persona riservata, le sue giornate si consumavano tra casa e ospedale, a testimonianza della sua serietà, che tanto la faceva apprezzare da colleghi e pazienti.
Da qualche tempo aveva acquistato una casa in via Scrizzi: il suo desiderio era di lasciarla al figlio Jonny. I suoi familiari vivono a Ceneda: una sorella minore, la mamma e il papà carabiniere hanno ricevuto la tragica notizia.