Non c’è più religione. In principio era il Verbo. Ora è un algoritmo. Neanche la spiritualità è immune dall’invasione tecnologica. La Svizzera ci ha portato in un mondo in cui i nostri peccati li giudicherà un ologramma formato Gesù. La storia è incredibile ma vera. Nella parrocchia Peterskapelle di Lucerna, il confessionale ha fatto un salto nel futuro: al posto del classico prete che, troverete un ologramma di Gesù, pronto a rispondere ai dubbi dell’anima in ben cento lingue. Non assolve i peccati, ma promette consigli e conforto. Come spiega la chiesa, i fedeli possono avere un’esperienza intima e sacra con un Cristo virtuale che ascolta e risponde da dietro la grata di un classico confessionale. Non solo, ma grazie a uno schermo, tra i fori della grata è anche visibile il volto (presunto) del Figlio di Dio.
In duemila anni di storia la Chiesa – e i fedeli – ne ha viste tante, ma il cyber-Gesù che ‘confessa’ mancava. L’installazione sta suscitando curiosità e polemiche. L’esperimento si chiama “Deus in machina”, ben diverso ontologicamente dal Deus ex machina. L’intelligenza artificiale arriva dunque in un confessionale. Sebbene l’interazione con questa tecnologia non possa essere considerata una confessione formale, i visitatori possono condividere pensieri e domande con l’AI, che risponde ispirandosi ai principi cristiani.
Il progetto ‘Deus in machina’ prevede che sia proprio Gesù a ‘confessare’ il fedele, grazie a un’intelligenza artificiale creata da informatici e teologi dell’Immersive Realities Research Lab della Lucerne University of Applied Sciences and Arts. L’AI celeste è stata addestrata sul Nuovo Testamento. E offre risposte in linea con la fede cristiana (o almeno dovrebbe: al momento non si sono registrati casi di ‘deviazioni’, ma una cantonata è sempre in agguato). Funziona così: Una volta sedutasi in confessionale, la persona è accolta da una voce che, da dietro la lastra traforata in metallo, recita: “La pace sia con te”. Non è la voce di un prete, né di Dio, ma di un’intelligenza artificiale: accessibile 24 ore su 24, in grado di parlare 100 lingue e di rispondere ai quesiti e alle preoccupazioni del singolo in modo personalizzato, con riferimenti biblici e spirituali. Ma i fedeli come hanno preso questa novità?
Intanto in due mesi più di mille persone, tra cui turisti provenienti da tutto il mondo, hanno provato l’esperienza sacra. Quanto ai risultati, secondo quanto riportato dai media svizzeri almeno due terzi di chi ha testato il Gesù 2.0 ha dichiarato di aver vissuto un’esperienza “molto spirituale”, e anche sorprendente per la sua facilità. Non solo, ma il Cristo-AI ha anche dispensato molti consigli e ha consolato. Uno dei suoi punti di forza è che può farlo 24 ore al giorno, a differenza di un prelato ‘vero’. La parrocchia di San Pietro sostiene infatti che un giorno chatbot simili potrebbero sostituire almeno in parte il clero, dimostrando che nessuno può dirsi al sicuro.
Ovviamente non tutti sono soddisfatti: per alcuni le risposte del cyber-Gesù erano troppo generiche, asettiche o superficiali – riporta il servizio dell’Adnkronos– o legate a luoghi comuni. Qualcuno ha criticato l’uso stesso dell’immagine di Gesù e del confessionale per un esperimento simile. Senza contare che la fede è una materia delicata che non dovrebbe essere affidata a una macchina, che peraltro potrebbe anche generare risposte incompatibili con gli insegnamenti della Chiesa. Rimane infine aperto il problema della privacy: dove finisce e per quanto tempo si conserva ciò che le ‘orecchie’ virtuali hanno ascoltato? Il Gesù virtuale, insomma, rispetta il ‘segreto del confessionale’, come da sempre sono tenuti a fare i preti in carne e ossa?
Va detto che l’obiettivo dell’installazione era proprio quello di stimolare la riflessione: soprattutto sui limiti della tecnologia nel contesto della religione, come chiarito da Marco Schmid, teologo della Peterskapelle: “Quello che stiamo facendo qui è un esperimento – chiarisce- l’obiettivo è far sperimentare alle persone un’esperienza con l’intelligenza artificiale. Sarà una base di partenza per discutere sul tema e capire meglio questa tecnologia applicata alla religione”. Insomma, il cyber-Gesù non mira a rubare il lavoro al clero. Per ora. Ma in ogni caso potrebbe aprire nuove porte alla spiritualità del futuro. La rivoluzione, in effetti, potrebbe essere vicina: come spiega la Peterskapelle in un comunicato, “l’IA potrebbe essere in grado di rispondere a domande individuali e affrontare preoccupazioni in modo molto specifico personalizzando i riferimenti biblici, spirituali o teologici, spesso in modo più veloci e più completo di un pastore umano“.
L'articolo Un Gesù virtuale sta confessando i fedeli in Svizzera: il “miracolo”dell’IA sostituirà il clero? sembra essere il primo su Secolo d'Italia.