La detenzione ai fini della vendita, o comunque della cessione, di sostanze stupefacenti era alla base del processo culminato nella sentenza di assoluzione, fatta salva l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione in ordine a due ulteriori distinti capi di accusa, emessa dal Tribunale di Gorizia a proposito di una maxi-inchiesta per spaccio che si era sviluppata alcuni anni fa tra il Mandamento e il resto dell’Isontino.
A dare lettura del dispositivo è stato nei giorni scorsi il giudice monocratico Marcello Coppari. Erano chiamati a rispondere, a vario titolo, otto imputati, per lo più residenti a Gorizia.
Il procedimento, piuttosto articolato, fa riferimento all’avviso di conclusione delle indagini risalente a dicembre 2018.
I fatti contestati dalla Procura risalgono al periodo tra la primavera-estate del 2015 e i primi quattro mesi del 2016. Corposo il materiale di indagine prodotto dalla Polizia giudiziaria, confluito in un unico filone caratterizzato da innumerevoli episodi di “passaggio” di stupefacenti fra Monfalcone e Gorizia, in alcuni casi a Manzano, fino a circostanze di acquisto oltreconfine. In origine gli indagati erano una dozzina.
Al netto di posizioni già definite, il processo si è pertanto concluso all’insegna della sentenza assolutoria. Tutti assolti con la formula “perché i fatti non sussistono”, mentre per altre due ipotesi di reato contestate, rispettivamente a due distinte posizioni, è subentrata la prescrizione.
Ciò che emerge è dunque la discrepanza tra la sentenza e la portata delle innumerevoli contestazioni rientranti nella tesi accusatoria, frutto di un’imponente attività inquirente.
Significa che la prova dello spaccio non è stata di fatto raggiunta. Uno “spartiacque” tra le parti che si è ben colto nel corso della discussione finale, laddove la pubblica accusa ha sostenuto appieno l’integrazione dei reati contestati a vario titolo agli imputati, rispetto alle difese altrettanto convinte nel ricondurre il quadro complessivo piuttosto al solo consumo di sostanze stupefacenti.
Chiamati a rispondere nel procedimento sono stati Aniello Marzocchella, Raffaele Susterini, Vitantonio De Marinis, Erika Kozlin, Giovanni Battista Sale, Massimiliano Speranza, Adriano Paoluzzi e Franco Flore.
La pubblica accusa aveva richiesto per tutti pene variabili da un massimo di sei anni e sei mesi fino a un minimo di quattro mesi e multe da 35 mila a 800 euro. Lunga e articolata la requisitoria del pubblico ministero, nel fare riferimento alle fonti di prova contenute nel decreto di disposizione del giudizio. Le indagini erano consistite in numerose e variegate attività, tra le quali intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione, controllo e pedinamento, seguendo i movimenti delle persone sottoposte a indagine, nell’individuare contesti, ruoli e relazioni.
Non erano mancate le perquisizioni con tanto di sequestro di stupefacenti. Vi rientrano le sommarie informazioni testimoniali, in particolare da parte di alcuni acquirenti. La tipologia delle sostanze è da ricondursi all’eroina, in misura minore metadone, hashish, marijuana e cocaina. Diametralmente opposte, quindi, le posizioni delle difese, allineate nel sostenere «non provate» le condotte contestate, comunque tali da escludere specifiche responsabilità nel presunto spaccio.
I difensori sono stati gli avvocati Paolo Marchiori, Massimo Macor, Maurizio Rizzatto, Sascha Kristancic, Vanek Franz Battello, Laura Luzzatto Guerrini e Riccardo Bassi.
L’avvocato Macor da parte sua, nell’esprimere «piena soddisfazione», ha affermato che il proprio assistito, Susterini, «da 10 anni a questa parte ha completamente cambiato vita». Novanta i giorni a disposizione per il deposito delle motivazioni della sentenza.—