Difficile dimenticare quello che Luca Gandini è stato per la Pallacanestro Trieste. Sul parquet, dove nel 2012 ha regalato ai tifosi la promozione in Legadue e un ritorno tra i professionisti atteso dal fallimento del 2004, ma soprattutto fuori dal campo, dove ha saputo conquistare tutti per il suo modo di essere. Altruista, generoso, sempre pronto ad aiutare i compagni.
Nei due anni di permanenza in biancorosso, è stato un leader silenzioso, lo stesso ruolo che, dopo una carriera che lo ha portato a Verona, Mantova, Bologna sponda Fortitudo, Ravenna e Varese, lo ha visto apprezzato giocatore a Sassari. Lo scorso anno, dopo aver appeso le scarpette al fatidico chiodo, è entrato nei quadri dirigenziali e, da questa estate, è il nuovo team manager del Banco di Sardegna.
Allora Gandini, com’è stato il passaggio da giocatore a dirigente e quali sono i suoi compiti oggi?
«Un passaggio violento, mettersi a lavorare dopo oltre 20 anni da giocatore è stato traumatico – scherza –. A parte le battute, ci tengo a fare un ringraziamento alla famiglia Sardara che mi ha dato la possibilità di iniziare questo nuovo percorso nel mondo della pallacanestro in un ruolo che mi piace davvero tanto. I primi mesi sono stati duri, poi tutto è stato più facile, credo di essere riuscito a creare un ottimo rapporto sia con la dirigenza che con i giocatori. Il mio compito è quello di cercare di essere un facilitatore per mettere gli atleti nelle condizioni di inserirsi al meglio e di pensare, il più possibile, solo a giocare a pallacanestro».
Stagione particolare, quella di Sassari, cominciata con un percorso netto e sei vittorie consecutive in Europa, ma con il freno a mano tirato in campionato. Come spiega questo rendimento così differente?
«Sicuramente con il valore delle avversarie e la qualità di un campionato italiano che, anno dopo anno, sta alzando il suo livello di competitività. Abbiamo pagato un inizio negativo, con la sconfitta nello spareggio di Champions League contro Bonn e il passo falso nella gara d’esordio contro Scafati che ci hanno un po’ condizionato. Dobbiamo ancora creare quella solidità mentale necessaria per competere nel corso di tutti i quaranta minuti».
In questo senso, la pausa di due settimane può avervi aiutato?
«Assolutamente, ci è servita per recuperare energie e giocatori, oltre a lavorare in maniera approfondita sia da un punto di vista individuale che di squadra».
Della Pallacanestro Trieste che idea si è fatto?
«Innanzitutto sono contento che sia tornata in serie A, resto legato alla città e a una tifoseria che per due anni è stata anche la mia. C’è grande entusiasmo attorno a una squadra che sta facendo bene: ogni settimana, guardando gli highlights, vedo giocate spettacolari. Mi fa piacere per un pubblico che ricordo competente e appassionato».
Domenica primo dicembre, sul parquet del PalaSerradimigni, che partita si aspetta?
«In campo si vedranno due squadre molto diverse, Trieste è uno dei migliori attacchi, noi siamo una delle peggiori difese. Cercheremo di giocare una pallacanestro un po’ più ragionata, limitando il corri e tira di Trieste. Chi riuscirà a imporre la sua filosofia di pallacanestro avrà maggiori chance di portare a casa la vittoria». —