TRIESTE. Appostamenti in strada continui, per ore e ore. E poi i segni: ma stavolta non piccole lettere o simboli appena percettibili tracciati a matita sui muri, come accaduto nei giorni scorsi nella zona di via Puccini e dintorni, bensì l’utilizzo di sassi posizionati sui marciapiedi. Si tratta di un altro codice di comunicazione: serve a indicare chi derubare e quando.
È un vero e proprio incubo questo dei ladri di appartamenti che prima di colpire studiano a lungo le proprie vittime e si scambiano messaggi in codice con i simboli lasciati in prossimità dei citofoni o con le pietre per terra. Stavolta il pericolo si è materializzato ai piedi del rione di San Vito, in salita al Promontorio all’angolo con via Belpoggio, quartiere finito numerose volte nel mirino delle bande criminali.
Ma i residenti se ne sono accorti e hanno immediatamente chiamato la Polizia.
«Giovedì sera, mentre rientravo a casa, ho notato tre pietre in fila sistemate lungo il marciapiede, accanto al palazzo che si trova all’incrocio con via Belpoggio, e mi sono insospettita», racconta una persona che abita in zona. «Ho controllato su internet e ho avuto conferma del fatto che le pietre, messe così, non sono qualcosa di casuale. Sono un codice».
È vero: stando agli studi sulle nuove “simbologie” usate dai ladri di appartamento, tre pietre in fila – disposte ai bordi della strada o in prossimità degli ingressi delle palazzine – hanno un significato specifico nel linguaggio utilizzato dalla bande quando studiano le abitazioni da svaligiare. E il significato può cambiare a seconda della grandezza delle pietre. Metodologie del genere sono già state osservate e documentate in varie aree del Veneto, ad esempio, dove sono stati registrati numerosi colpi in appartamenti e ville.
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In salita al Promontorio in questi giorni deve quindi essere accaduto qualcosa di questo tipo. E non solo con le pietre sospette. I residenti hanno segnalato pure uno strano giro di sconosciuti che si aggiravano lungo la via. Due individui, in particolare, fino a l’altro ieri stazionavano davanti al primo palazzo della via, nei pressi dell’incrocio con via Belpoggio e proprio davanti alla fila dei tre sassi. Si davano il cambio: prima uno e poi l’altro. «Si guardavano attorno continuamente stando fermi in strada per l’intera mattina, dalle sette a mezzogiorno – riferisce ancora la residente che ha dato l’allarme allertando il 112 – un po’ osservavano la zona e un po’ controllavano il cellulare. Era gente sconosciuta, mai vista prima».
Sul posto, dopo la segnalazione, è intervenuta una volante della Polizia di Stato: gli agenti hanno fermato l’uomo – vestito con una giacca grigia, una polo azzurra, pantaloni beige, scarpe casual e occhiali da sole – e lo hanno identificato chiedendogli anche cosa ci facesse lì, fisso all’angolo della strada, per tutto quel tempo. Lui ha consegnato i documenti e ha risposto sostenendo «di non fare niente di male».
Stando a quanto si apprende si tratta di un italiano, non triestino. «Aveva l’accento del Sud», afferma una signora che ha assistito alla conversazione tra lui e i poliziotti. Quel che è certo è che, chiunque sia, ora le forze dell’ordine hanno un nome.
