Hanno deciso di incrociare le braccia per protestare contro la decisione di elevare a 72 anni l’età pensionabile, «anziché fare una programmazione seria» annota Salvatore Cauchi, segretario veneto di Snami. Il sindacato dei medici di famiglia – circa 600 iscritti in tutto il Veneto – ha indetto lo stato di agitazione.
«Intanto a livello nazionale, ma presto lo proclameremo anche su scala regionale e provinciale». Anticipando l’intenzione di chiudere i propri ambulatori: «A breve comunicheremo le nostre giornate di sciopero, che programmeremo tra 15-20 giorni» dice Cauchi.
Le motivazioni sono assolutamente note. «Una burocrazia soffocante, un lavoro che non è più sostenibile» in estrema sintesi. Frammenti di un quadro di difficoltà estrema per un’intera categoria, che il Governo ha pensato di risolvere portando da 70 a 72 anni il limite massimo per andare in pensione.
«Quando circa un terzo dei medici di famiglia se ne va persino prima dei 68 anni, vale a dire il minimo dell’età pensionabile. Semplicemente perché è diventato un lavoro insostenibile» spiegava un paio di giorni fa Luigi Xausa, segretario della Fimmg per il Veneto Orientale, «Mi chiedo quanti possano essere i colleghi che decideranno di rimanere a lavorare fino a 72 anni».
E prosegue Cauchi: «L’indirizzo che è emerso dalla conferenza Stato-Regioni è una spinta per tenere i medici di medicina generale e i pediatri attivi sette giorni su sette e 24 ore su 24, senza possibilità di sostituzioni. Ma questo è un indirizzo inaccettabile».
È un tentativo di risposta a una situazione che è divenuta ormai insostenibile. Basti pensare che soltanto in Veneto ci sono 377 ambulatori privi di un medico di famiglia. E la situazione sarebbe peggiore se altri 209 non fossero stati assegnati a dottori iscritti al corso di medicina generale, a cui sono stati affidati degli incarichi provvisori.
«Ormai non siamo più medici, ma burocrati, sovraccaricati ogni giorno di impellenze che nulla hanno a che vedere con quello che dovrebbe essere il nostro mestiere» dice ancora il segretario veneto dello Snami, ripetendo un pensiero che tra gli ambulatori si ripete, uguale, ormai da tempo. «E invece le nostre parole sono sistematicamente inascoltate. Invece di chiedersi cosa non va e per quali motivi la nostra non è più una professione appetibile, la soluzione viene individuata nell’elevare a 72 anni il limite per l’età pensionabile. Servono risposte concrete, altrimenti noi continueremo a protestare. Perché non possiamo stare in silenzio, di fronte a quello che sta accadendo».