MANTOVA. Più forte del Covid che si è messo di traverso rinviandone l'uscita e mettendone a rischio la stessa realizzazione, il film “1911. Era biancorossa” alla fine ce l'ha fatta. E sarà proiettato per la prima volta alla cittadinanza mantovana venerdì 11 novembre alle 21 nella Multisala Ariston di Via Principe Amedeo.
Un progetto nato ormai tre anni fa da un'idea congiunta di Film Commission Mantova e Comune di Mantova, che hanno coinvolto i registi-sceneggiatori Mario D'Anna e Stefano Mangoni e del giornalista Alberto Sogliani. Una produzione a metà tra il film e il docu-film che ripercorre a ritroso gli ultimi 60 anni della storia del Mantova, fino a quando la squadra biancorossa disputò il suo primo campionato di serie A nel 1961/62. Lasciando la parola a otto calciatori, qualcuno poi diventato anche allenatore, che narrano a ruota libera alcuni momenti belli e meno belli del loro periodo di riferimento.
Tra immagini e filmati di epoca, ritagli di giornale, anche commenti sonori e radiofonici che si intersecano in una trama intensa e anche un pizzico commovente di 95 minuti. Il film ha una sua trama originale, che comincia quando un ragazzino dei giorni nostri si trova da solo al centro dello stadio Martelli deserto. Incuriosito, prova a cercare negli angoli più nascosti e trova delle fotografie. Ognuna delle quali ritrae uno dei personaggi in azione che, come da una lampada di Aladino, improvvisamente si materializza in carne e ossa e inizia la sua narrazione.
Si va indietro nel tempo partendo da oggi: dunque compaiono via via Gaetano Caridi, Gabriele Graziani, Ivano Martini, Sauro Frutti, Franco Panizza, Ugo Tomeazzi, Dino Zoff e Angelo Benedicto Sormani. Questi ultimi due intervistati gentilmente nelle rispettive abitazioni a Roma. Particolarmente triste la presenza di Panizza, che purtroppo è scomparso la scorsa estate, alla cui memoria gli autori vogliono idealmente dedicare la pellicola. Il finale, naturalmente, non va raccontato ma può scappare la lacrimuccia.
«È stato un lavoro molto impegnativo - dice Stefano Mangoni - soprattutto per il montaggio e la costruzione del prodotto finale. Sono contento perché oltre a essere mantovano sono sempre stato un tifoso e spero di avere contribuito a realizzare qualcosa che resti nella memoria della gente».
Mario D'Anna invece racconta i duri mesi del lockdown: «Ricordo che eravamo costretti a sentirci soltanto via telefono - afferma il regista - e questo appuntamento quotidiano quasi ci distraeva dalla situazione difficile che stavamo vivendo. Mi auguro che il pubblico sia coinvolto allo stesso modo in cui lo siamo stati noi nel farlo».
