CIMADOLMO. Solare, generoso, sempre disponibile a incoraggiare e a dare una pacca sulla spalla a quanti lavoravano e hanno lavorato con lui in sett’antanni di attività. Una vita dedicata alla professione, che era parte di lui, e alla famiglia, che adorava e per la quale viveva.
Si è spento venerdì sera nel reparto di Pneumologia del Ca’ Foncello di Treviso dove era ricoverato per Covid da una settimana nonostante il vaccino, l’imprenditore trevigiano Giovanni Falsarella, 83 anni, tra i soci fondatori della Fratelli Falsarella Spa di San Michele di Piave, nota azienda divenuta nel tempo, fiore all’occhiello del territorio, leader nel settore delle ceramiche, delle pavimentazioni e dei rivestimenti. Falsarella si era vaccinato, come la moglie, anche lei ricoverata, ma per fortuna non grave. Un dramma che ha colpito i suoi cari e l’intera comunità.
"Papà aveva un amore sviscerato per il suo mestiere che svolgeva per il senso del lavoro, quasi "senza scopro di lucro"", raccontano le figlie, Fanny, Stefania e Francesca “non l'abbiamo mai visto abbattersi nelle avversità e ha sempre affrontato tutto con coraggio.
Ha dedicato quasi 70 anni della sua vita all'azienda: da ragazzino nella produzione delle prime tipologie di "marmette " e poi nella commercializzazione. Amico di tutti, dai più stimati professionisti al più piccolo manovale di cantiere".
E ancora: “Di gran compagnia sempre, con un semplice pranzo, una cantata e un (anche più d'uno) bicchiere di vino. Aveva la capacità di dire in ogni occasione le cose giuste. Poche parole, ma di grande saggezza”.
Giovanni era colonna portante della Ceramiche Falsarella, di cui era socio fondatore insieme ai suoi 5 fratelli. Aveva iniziato ancora bambino, quando l’azienda muoveva i primi passi. Un uomo dedito al lavoro, nel quale ha sempre messo cuore e anima. Ma anche alla famiglia.
All’amata moglie Adriana, alle figlie e ai nipotini, Ludovico, Matilde, Isotta, Vittoria, Vittorio e Pietro. Amava la compagnia, gli amici, la caccia, i suoi cani, le Grave di Papadopoli, il Piave e la splendida cornice in cui era nato. Ma ciò che più lo rendeva vivo, era vedere le persone a cui voleva bene riunite attorno a un tavolo
. Memorabili i suoi pranzi, che finivano sempre con grandi cori in cui si intonavano canzoni popolari e grandi classici. Gli amici ricordano lo sguardo sempre benevolo, e la sua voce profonda, da baritono, che faceva tremare le sedie.
