È il momento degli sherpa nella intricata vicenda di Autostrade per l’Italia: da lunedì gli advisor di Atlantia sonderanno le intenzioni spagnole per impostare il lavoro delle prossime settimane. Dopo l’entrata in scena della Acs di Florentino Pérez, che prima con una lettera e poi con un comunicato ha manifestato il proprio interesse per Aspi, la holding infrastrutturale dei Benetton deve decidere il da farsi. Di fronte ha una sola opzione certa: l’offerta vincolante del consorzio guidato da Cassa depositi e prestiti e a cui partecipano i fondi internazionali Blackstone e Macquarie, che valuta Autostrade 9,1 miliardi di euro riconoscendo pure eventuali ristori e richiedendo garanzie su indennizzi per 870 milioni. E una ancora del tutto incerta: quella, appunto, presentata dal miliardario spagnolo famoso nel mondo per essere il presidente del Real Madrid. Per ora Pérez è rimasto sul general-generico, dicendo che Aspi vale tra 9 e 10 miliardi. Ma non ha specificato tempi e modalità, se non che è pronta ad arruolare «altri potenziali investitori» come la Cdp che però non appare affatto intenzionata a giocare fino in fondo la sua partita con i fondi senza aprire a nuovi compromessi.
Nei giorni a venire, dunque, i consulenti finanziari di Atlantia - che sono Mediobanca, JpMorgan e BofA Merrill Lynch – cercheranno di capire i termini dell’operazione accennata dagli spagnoli. Anche per portare un quadro più chiaro al consiglio di Atlantia che tornerà a riunirsi giovedì, al massimo venerdì. Sarà probabilmente la prima di una serie di riunioni in cui i consiglieri, pressati dagli azionisti (a cominciare dal battagliero fondo Tci che punta ad alzare il prezzo), dovranno da un lato tirare le conclusioni sull’offerta di Cdp&Co, dall’altra capire se le intenzioni di Pérez, che finora agisce alla cieca, senza aver fatto un solo giorno di due diligence, l’esame approfondito che precede un’offerta complessa come quella su Autostrade per l’Italia.
Pérez e i Benetton si conoscono molto bene. Atlantia infatti, oltre ad avere 24% della società di costruzioni Hochtief (dove Acs ha il 50%), ha il 50% più un’azione di Abertis, dove Acs è consocia per l’altrà metà. Nei piani di Atlantia, Abertis è la piattaforma con cui procedere nello sviluppo all’estero, attraverso acquisizioni. L’intenzione del magnate spagnolo è quella di creare un polo europeo delle autostrade fondendo Aspi e Abertis. E, con l’aiuto di alleati, prenderne la guida. Secondo gli analisti di Ubs «la situazione è complessa, ma secondo noi un accordo creerebbe valore».
Sulla soluzione del caso Autostrade, nato in seguito alla tragedia del Ponte Morandi, è di nuovo stallo. Il nuovo governo non agita più lo spauracchio della revoca della concessione. Così, nonostante le rassicurazioni dei Benetton sulla disponibilità ad uscire (ma a condizioni di mercato) dalla concessionaria, anche la fretta sembra svanita. Il tempo, però, scarseggia. L’offerta di Cdp&Co, senza un’assemblea, scade il 16 aprile. Nel caso sia convocata l’assemblea, resterà sul tavolo, salvo proroghe, fino al 28 maggio. Se qualcuno vuole calare le carte, deve farlo in fretta. Ma assai difficilmente la Cdp e i suoi alleati alzeranno il prezzo. Mentre la politica sceglie toni più soft di un tempo, a immaginare soluzioni drastiche resta un outsider come Alessandro Di Battista: «Per me – dice all’agenzia Adnkronos l’ex esponente dei 5 Stelle – resta solo la revoca e la nazionalizzazione di Autostrade l'unica soluzione. Le autostrade sono state costruite con i soldi dei cittadini e i proprietari delle autostrade devono essere i cittadini, quindi lo Stato».